Come nasce una buona storia? In principio, è un’idea. Magari ancora acerba e poco definita, ma abbastanza buona da poter crescere e diventare qualcosa di più. In questo articolo vi ho descritto qualche consiglio per scrivere una buona storia. Vediamo ora come trovare ispirazione nella realtà che ci circonda.
Che cos’è l’ispirazione?
Partiamo proprio da questa domanda, che non è banale come sembra. Diversamente da quanto molti credono, l’ispirazione non è relegata al momento in cui siamo seduti comodi e pronti a scrivere – tutt’altro. È un po’ come quando vogliamo forzare un bambino a fare la pipì prima di uscire…non gli uscirà nulla, perché si sente costretto dalle circostanze e quindi non sente lo stimolo naturale.
Allo stesso modo, se siamo davanti al foglio bianco raramente ci verrà da scrivere qualcosa. Più probabilmente ci sentiremo inibiti, senza idee, affetti da quello che molti chiamano blocco dello scrittore. Ecco perché dobbiamo arrivare preparati al momento in cui scriveremo. Dobbiamo fare incetta di idee quando siamo in giro, con gli altri, lontano dalla tastiera, e poi trasformare in parole ciò che abbiamo raccolto.
Pensate ad un’ape. Ogni giorno questo insetto ronza di fiore in fiore per raccogliere polline, e a volte si allontana anche moltissimo dal suo alveare. Per tutto il giorno trascorre il suo tempo in giro, facendo scorta. Solo quando torna a casa si rende conto di quanto effettivamente ha raccolto e lo condivide con le compagne. Anche noi dobbiamo fare come le api, e il nostro strumento di raccolta è l’osservazione.
Ogni giorno, mentre siamo in giro, vediamo decine di persone e assistiamo a svariati eventi. Se in un primo momento ciò che osserviamo sembra banale e convenzionale, nella nostra testa può trasformarsi in un nettare prezioso che può aiutarci quando siamo di fronte al foglio e non sappiamo cosa scrivere. Un tic, il colore di una maglietta, un modo di parlare, un’espressione che abbiamo sentito in bocca a qualcuno…tutto può venire in nostro soccorso per caratterizzare un personaggio, descrivere un luogo o una situazione.
Circumvesuviana e altri posti mistici in cui trovare ispirazione
Per chi non la conoscesse (per chi non vive all’ombra del Vesuvio), la Circumvesuviana è la rete ferroviaria che copre la zona orientale e meridionale dell’area metropolitana di Napoli e che collega molti centri urbani medio-piccoli al nostro capoluogo. Anche il mio paese, Pomigliano d’Arco, è dotato di una stazione della Circumvesuviana che in una mezz’oretta (se va bene…) permette di raggiungere Piazza Garibaldi a Napoli.
Ho sempre trovato la Circumvesuviana un luogo molto interessante, poiché si tratta di un luogo di aggregazione piuttosto insolito dove si trovano pendolari che stanno andando al lavoro (molti scendono al Centro Direzionale), studenti delle scuole o dell’università, turisti, pazzi e tossicodipendenti. Questo melting pot culturale e sociale è condito poi da imprecazioni in dialetto stretto, chiacchiere sulla partita del Napoli, imbarazzanti suonerie di cellulare, lamentele su quanto il sistema della Circumvesuviana faccia schifo e chi più ne ha più ne metta.
Quando ero studentessa all’università prendevo il mezzo tutti i giorni. Ora che mi capita più di rado di viaggiare con il treno, non mi perdo neanche un’occasione per osservare la realtà variegata attorno a me. Prendo nota di ogni atteggiamento, colore di capelli, tatuaggio bizzarri, modo di parlare o di accavallare le gambe. Ogni cosa, ogni piccolo dettaglio potrebbe diventare tratto caratteristico di un mio personaggio, o contribuire alla costruzione di una scena.
Breve esperienza di osservazione sul campo
Vi racconto ciò che ho osservato e che mi ha colpito nel mio ultimo viaggio verso Napoli, avvenuto qualche giorno fa. Era una bellissima giornata e faceva caldo. Io ho preso il treno delle otto e tre minuti (arrivato ovviamente in ritardo) per svolgere delle commissioni. Quando sono salita a bordo, a Pomigliano, il treno era già stracolmo di gente e non c’era più posto per sedersi, così mi sono appoggiata alla meno peggio su una delle pareti della carrozza, accanto alle porte.
Seduto, a due passi da me, c’era un ragazzo che poteva avere la mia età, impettito nella sua camicia candida. Era piuttosto carino e si comportava consapevole di esserlo. La fedina che aveva al dito tradiva la presenza di una fidanzata nella sua vita.
Appoggiata alla parete della carrozza accanto a me c’era invece una distinta signorina che stava leggendo un libro in inglese. Incuriosita dalla sua scelta (dovuta forse alla costrizione di dover leggere libri in lingua originale per qualche esame di letteratura), mi sono letta qualche rigo del romanzo insieme a lei. Il titolo era qualcosa come The Handbook of…, ma non sono riuscita a leggerlo tutto.
Qualche stazione più avanti è entrato un ragazzo di una ventina d’anni, a occhio e croce uno studente dell’Accademia delle Belle Arti. Indossava un impermeabile beige di cattivo gusto, con la fodera interna a quadroni, sopra dei jeans chiari e delle scarpette da ginnastica bianche. Ciò che mi ha colpito di lui è stata la sua cartellina per i disegni. Essenziale, ricavata forse da uno scatolone di cartone di quelli che si trovano fuori ai supermercati, recava sul davanti uno splendido disegno fatto forse proprio da lui. Si trattava di un mostro, o forse di un eroe di qualche saga leggendaria: era stato fatto con una comune penna nera, ma il suo sguardo era come fosse vivo.
E poi c’ero io – con il mio trench rosso un po’ sgualcito, le Vans viola che hanno visto decisamente giorni migliori, e una faccia piena di sonno perché ho di nuovo problemi a dormire da alcuni giorni a questa parte – che provavo a tenermi sveglia sparandomi nelle orecchie le canzoni dei Linkin Park a tutto volume.
Insomma, una situazione molto normale e poco interessante per i più, ma che potrebbe rivelarsi preziosa fonte di ispirazione per chi la sta cercando come un rabdomante cerca l’acqua nel deserto.