Scrivere un romanzo da 50.000 parole in un mese: è la sfida del NaNoWriMo, il mese dedicato alla scrittura creativa. Trenta giorni per riuscire a scrivere e concludere la prima bozza di un romanzo. Si tratta di un esercizio di scrittura senza altro scopo, o magari di una possibilità di lanciarsi nel mondo dell’editoria.
Ho scoperto questa sfida lo scorso anno grazie a Instagram. Nel corso del mese dedicato alla scrittura ho seguito alcuni influencer che hanno condiviso i loro piccoli traguardi quotidiani sul social. Devo dire che è stata una sfida che mi ha intrigato – ecco perché ho deciso di parlarvene in questo articolo.
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Che cos’è il NaNoWriMo
NaNoWriMo, acronimo traducibile con “Mese Nazionale della Scrittura di Romanzi”, è una sfida che coinvolge scrittori amatoriali e professionisti in tutto il mondo. L’obiettivo è semplice da raccontare ma difficilissimo da raggiungere: scrivere una storia di 50.000 parole in 30 giorni – più precisamente durante il mese di novembre.
Grazie al portale internazionale dedicato (ne esiste anche una versione italiana), chiunque voglia prendere parte alla sfida può iscriversi e condividere con gli altri partecipanti i propri traguardi, ma anche i propri dubbi e le proprie insicurezze.
Il NaNoWriMo coinvolge persone di tutte le età ed estrazioni sociali, accomunate dal bisogno di raccontare una storia serbata nel cassetto per troppo tempo, che scelgono di trarre forza gli uni dagli altri per iniziare a scrivere sul serio. Si pensi che, solo lo scorso anno, i partecipanti in tutto il mondo sono stati più di 410.000. Tuttavia, solo poco più di 50.000 sono riusciti a raggiungere l’obiettivo delle 50.000 parole scritte in trenta giorni.
Ovviamente, alla fine del mese di scrittura non si avrà magicamente fra le mani un libro fatto e finito. Tuttavia, la sfida permette a chiunque di cimentarsi con la scrittura, di confrontarsi con altri autori, di trovare la propria voce narrativa – e magari di arrivare al 30 novembre con una buona base da rimaneggiare e proporre poi a qualche casa editrice.
Ma anche se la sfida non si trasforma in una pubblicazione editoriale, non significa che non abbia avuto senso farla. Cimentarsi con la scrittura e lavorare a un ritmo serrato per rispettare una scadenza è un’ottima “palestra” per allenarci a essere disciplinati in un’attività creativa e per migliorare il nostro stile – o trovarne uno, se è la prima volta che raccontiamo una storia.
Perché del resto, come spiega il fondatore di questa sfida creativa, Chris Baty:
Scrivi prima! Fai domande più tardi!
L’origine di questa sfida
NaNoWriMo nasce nel 1996 grazie a un sito web che mette in contatto scrittori affermati o aspiranti tali provenienti da ogni angolo del pianeta. Negli anni, fra i partecipanti si sono susseguiti anche appassionati di scrittura creativa che sono riusciti a pubblicare i loro libri, nati in sfide come questa. Fra questi si ricordano Erin Morgenstern, Elizabeth Acevedo, Rainbow Rowell, Marissa Meyer e altri ancora.
In modo simile alle app contapassi o contacalorie, il portale tiene traccia del numero di parole scritte da ogni autore, e fornisce report precisi dei progressi compiuti nella stesura del romanzo. Ciò entusiasma moltissimi scrittori che, motivati dai traguardi già raggiunti, sono spronati a migliorare sempre più i loro risultati.
Con il successo raggiunto negli anni, anche grazie al tam-tam sui social, NaNoWriMo è diventata ufficialmente un’organizzazione senza scopo di lucro nel 2006 e ha iniziato a curare anche corsi di scrittura creativa, laboratori per studenti, campi di scrittura e progetti nelle scuole.
Oltre a invogliare alla scrittura creativa, l’associazione ha un altro scopo: permettere ad appassionati di scrittura e storie di conoscersi e di creare una comunità in cui vige l’aiuto reciproco, piuttosto che la competizione. Alla fine del mese, infatti, non si vince niente: la sfida non è con gli altri, ma semplicemente con se stessi e con la propria voglia di raccontare.
Tutte queste iniziative promosse dall’associazione permettono di confrontarsi con gli altri in merito ai propri dubbi, alle proprie insicurezze, di superare i propri limiti imparando dalle altre persone che vi partecipano, infine di scoprire lati della propria personalità e abilità che non si pensava di possedere.
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La mia opinione sul NaNoWriMo
Come ho detto, ho seguito la sfida del NaNoWriMo lo scorso anno grazie ai social – e credo che mi appassionerò anche quest’anno alle storie degli altri. Tuttavia, anche se comprendo gli innegabili vantaggi della pratica, non ho alcuna intenzione di partecipare al mese della scrittura – e per diversi motivi.
Innanzitutto, le scadenze mi mettono ansia, e se la scrittura creativa dev’essere una passione da coltivare e un piacere, l’ansia dovrebbe rimanere fuori da questa attività. Non voglio rischiare di trasformare il mio angolino creativo in un luogo arido in cui contano solo il numero di parole scritte ogni giorno, la quantità più che la qualità.
Inoltre, credo che la scrittura creativa abbia bisogno di tempi di gestazione lunghi, che variano da persona a persona e che cambiano a seconda dei momenti della vita. È vero che se non ci imponiamo delle regole e non ci diamo delle scadenze più o meno rigide, non progrediremo mai davvero nei nostri progetti di scrittura. Ma è vero anche che vivere nell’ansia dell’obiettivo da raggiungere potrebbe essere la morte della nostra ispirazione creativa – e questo è un fatto da non sottovalutare, quando si è scrittori.
Questo articolo riprende la riflessione che facevi nel post su Instagram sulla riscoperta della lentezza, sul seguire i propri tempi e non correre continuamente, come la società di oggi spinge a fare. La cosa fondamentale è sapersi ascoltare, coltivare la propria consapevolezza affinché si riesca a percepire il proprio ritmo e a seguire solo quello. Ognuno ha il proprio cammino da seguire, senza gare, senza scadenze, solo con la consapevolezza di ogni istante.
Esattamente, proprio così…dai social può sembrare una sfida divertente e stimolante, ma in realtà credo che sia solo un altro modo per stressarci e costringerci a “performare” come macchine, senza prestare attenzione alla nostra sensibilità e ai nostri ritmi – che possono essere molto lenti