Per scrivere bene c’è bisogno di leggere manuali teorici e seguire corsi, oppure bastano talento naturale e tanta pratica? Il mondo degli scrittori si divide fra chi sostiene l’importanza della formazione teorica e chi invece non vuole ingabbiare il proprio estro creativo in regole e dogmi inviolabili. Se, come me, vi collocate a metà strada fra queste due posizioni così estreme, potreste trarre giovamento dalla lettura di “On Writing. Autobiografia di un mestiere” del re dell’horror, Stephen King.
Come suggerisce il sottotitolo, più che essere un manuale di scrittura e un racconto della vita dello King intrecciata al suo mestiere di scrittore – un buon compromesso fra un noioso manuale di scrittura e una (auto)biografia. Il libro appassiona e non stanca, e fornisce qua e là utili consigli per migliorare come scrittori e come lettori.
Premessa doverosa: prima di “On Writing”, non avevo mai letto nulla di Stephen King, perché l’horror non è un genere che mi affascina (dubito che mi cimenterò mai con la lettura dei suoi classici). “On Writing” mi è stato suggerito tempo fa da un ex collega, che è un fan sfegatato di King e ha letto qualunque cosa lui abbia scritto.
Devo dire che questa lettura è stata davvero istruttiva e mi ha aperto gli occhi su molti errori che fanno gli scrittori, e che faccio anche io. Inoltre, il tono ironico e informale di King non solo ha reso la lettura piacevole e interessante, ma mi ha reso King molto simpatico, e mi ha fatto ricredere sul suo conto.
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“On writing”: la vita dietro lo scrittore
Le prime novanta pagine del libro sono intitolate “Curriculum Vitae”: in esse King racconta aneddoti della sua vita personale, via via sempre più intrecciati alla scrittura, dall’infanzia fino alla fine degli anni Novanta (periodo a cui risale la stesura di “On Writing”).
Troviamo il piccolo Stevie King alle prese con un una mamma single che fa mille lavori per portare avanti la famiglia, un fratello super intelligente ma iperattivo e problemi di salute piuttosto gravi che lo costringono a letto per molto tempo e che gli fanno addirittura perdere un anno di scuola.
E poi i primi contatti con la scrittura, l’esperienza di cronista sportivo al liceo, i racconti inviati alle riviste e i primi soldi guadagnati con questo mestiere, la stesura dei romanzi di notte o nelle pause al lavoro. Una vita piena di problemi e difficoltà (malattie, difficoltà economiche, il cancro della madre, e poi le dipendenze dall’alcol e dalle droghe e la riabilitazione), ma raccontata con grandissima ironia, come fosse una serie di aneddoti divertenti.
Ma perché un’autobiografia all’interno di un manuale di scrittura? Il motivo è semplice: raccontando la sua vita, King vuole dimostrare le le vicende della nostra esistenza, banali o eccezionali che siano, non hanno nulla a che vedere con il nostro successo come scrittori.
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La “cassetta degli attrezzi” dello scrittore
Fra gli aneddoti raccontati da King, ce n’è uno che riguarda suo nonno e la sua vecchia cassetta degli attrezzi. Si trattava di un bestione in legno pesantissimo, realizzato proprio dal nonno, che conteneva tutto quello che poteva essere utile per i lavori manuali. I ripiani più in alto, quelli removibili, contenevano gli oggetti che venivano utilizzati con maggiore frequenza – come martelli, cacciaviti e chiodi. I ripiani più profondi contenevano oggetti meno usuali, ma da conservare in caso di necessità.
Partendo dalla metafora della cassetta degli attrezzi che ogni scrittore che si rispetti dovrebbe portarsi sempre dietro, perché non si sa mai di cosa si ha bisogno, King definisce quelli che secondo lui sono gli attrezzi indispensabili per scrivere bene.
Vocabolario
Più parole conosciamo, più possibilità avremo di raccontare con esattezza e precisione una buona storia. Inutile pensare di arricchirlo con parole che non useremmo mai solo per sembrare eruditi – diventeremmo ridicoli a noi stessi prima che ai nostri lettori. Il vocabolario dello scrittore lo si amplia leggendo molto e attingendo a tutti i generi letterari.
Grammatica
La grammatica è la base della lingua parlata e scritta e, soprattutto se con la lingua si vuole lavorate, sarebbe meglio conoscerla bene. Tuttavia, King ci dice che le regole sono fatte (talvolta) per essere trasgredite: proprio una loro profonda conoscenza è la chiave per poterle trasgredire con consapevolezza.
Stile
Lo stile di uno scrittore ne definisce il carattere e l’audacia: uno stile efficace dipende dall’affrancarsi di paure e pose eccessive, proprie dello scrittore in erba. A questo proposito, King cita tre errori degli scrittori principianti, che denotano una penna tremolante e incerta:
- la forma passiva. Il nostro obiettivo ultimo è quello di raccontare o comunicare qualcosa al lettore, e dobbiamo metterlo nelle condizioni di capire la nostra scrittura: l’abuso di forme passive, lente e pesanti, non aiuta in questo senso;
- gli avverbi. King li definisce come “rifugi sicuri” dello scrittore timido: l’autore che usa molti avverbi lo fa perché teme di non riuscire a esprimersi in modo chiaro.
- i sinonimi del verbo dire. “Pompare di steroidi” il verbo dire (es.: stridette, boccheggiò, scaracchiò…), magari allo scopo di evitare l’abuso di avverbi, non fa che allontanare il lettore dalla comprensione del nostro testo.
Lo stile riguarda anche la strutturazione dei paragrafi all’interno del testo, importanti quanto il contenuto. Paragrafi lunghi e compatti rendono il testo complesso e pesante; al contrario, paragrafi brevi o brevissimi danno dinamismo e permettono rapidi cambi di scena e di azione.
King loda l’uso intelligente di paragrafi brevissimi (anche monofrase) e ne apprezza la somiglianza con forme di comunicazioni più immediate, come quella verbale. Il paragrafo monofrase snellisce e velocizza la narrazione, dà ritmo, crea tensione e dona al lettore un’immagine nitida e chiara.
Due lezioni (sulla scrittura e sulla vita)
La prima lezione riguarda prettamente la scrittura. Come vuole mostrarci l’inserimento del “Curriculum Vitae” a inizio libro, non ci vuole un talento innato per diventare scrittori, bastano tanta pratica, determinazione e e una buona dose di creatività. Questo vuol dire che chiunque può diventare scrittore? Non esattamente – piuttosto che un grande scrittore può nascondersi nella persona più improbabile e banale e che può essere tirato fuori con allenamento e disciplina.
Parecchie persone possiedono almeno una scintilla di talento da scrittore o narratore, e la loro dote può essere potenziata e affinata. Per me ha funzionato così, punto e basta.
La seconda lezione riguarda il raggiungimento dei propri obiettivi. Il sogno del piccolo Stevie King era raccontare storie, diventare uno scrittore e vendere i propri lavori. Era ciò che ha sempre avuto in mente, sin da quando ha imparato a scrivere, e questo sogno non lo ha dimenticato mai – neppure durante i turni di notte in fabbrica, il lavoro alla lavanderia industriale o le ore trascorse a far quadrare i conti del magro bilancio familiare. Lo ha tenuto ben presente nella mente anche dopo le critiche mossegli da amici e docenti, dopo i silenzi delle redazioni a cui mandava i racconti inediti, dopo i tanti rifiuti degli editori.
Insomma, fra noi e il nostro obiettivo c’è un fiume infernale da attraversare e il viaggio può essere molto lungo, ma questo non ha importanza. È importante avere gli occhi sui problemi del presente (studio, lavoro, stipendio, famiglia…) e provare a risolverli per quanto possibile. Ma il cuore deve volare sempre in alto, verso l’obiettivo finale – anche se questo è molto lontano e sembra essere impossibile da raggiungere.
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