Perché scriviamo? Per liberarci di un opprimente macigno, per raccontare qualcosa al mondo, o forse perché sentiamo un impellente bisogno di esprimere noi stessi in modo puro, autentico? La necessità di confessare qualcosa di proprio, di metterlo su carta in modo che rimanga per i posteri, è ciò che accomuna un gruppo di giovanissimi scrittori molto talentuosi che condividono i propri lavoro attraverso la rivista Kairos, nata come progetto scolastico e ben presto evolutasi in qualcosa di molto più grande.
Ho avuto il piacere di incontrare il professor Michele Salomone, la mente dietro la nascita di Kairos, in occasione del Festival FLIP (di cui ho parlato in questo articolo), dove ha raccontato di questo meraviglioso progetto culturale. Ho voluto conoscere meglio la genesi, lo sviluppo e i progetti futuri del microcosmo Kairos, e per questo gli ho proposto un’intervista. Eccola.
Come e quando nasce la rivista Kairos?
Kairos nasce a partire da un’intuizione e da un bisogno, e muove i suoi primi passi all’interno di un liceo. L’obiettivo era quello di creare qualcosa di diverso da un tradizionale giornalino scolastico, di staccarsi da tutto ciò che è “missione giornalistica” per spostare l’attenzione su temi più generali e vasti. Desideravamo che in questa nuova esperienza si potessero raccogliere gli stimoli dei grandi scrittori, trattare temi scientifici e culturali in modo libero e creativo. Volevamo creare uno spazio diverso che andasse al di là del mero racconto della cronaca e dell’attualità – che è l’obiettivo primario di ogni giornale e giornalino scolastico.
All’inizio la nostra redazione era molto ristretta: alcuni studenti del liceo, io in veste di direttore e la nostra impaginatrice, Mila Sapph. Abbiamo recuperato la lezione di intellettuali e artisti, di maestri del recente passato non solo per omaggiarli, ma per ereditarne la testimonianza, facendo anche noi stessi un’azione culturale, creando qualcosa che fosse frutto della nostra sensibilità. Quello che ci ha spinto, quello che dico sempre, è il bisogno di fare cultura senza vergognarsene.
Anche i numeri iniziali della nostra avventura sono stati molto contenuti. La rivista usciva ogni due mesi e la scuola finanziava la stampa di 120 copie che venivano distribuite all’interno dell’istituto o in occasione di qualche manifestazione culturale. Con la redazione avevamo incontri settimanali che avvenivano in sala professori. Insomma, Kairos era molto legato alla scuola in cui aveva visto la luce, almeno in queste prime fasi.
Perché la scelta del nome Kairos?
Si tratta di un nome arrivato relativamente presto. La prima ipotesi fu Tempi Moderni, sulla scia della rivista di Sartre. Volevamo essere “agitatori culturali”, manifestare in modo dirompente tutta la visionarietà dei diciott’anni. Ma ci siamo resi ben presto conto che un nome del genere aveva un peso piuttosto impegnativo e rischiava di essere troppo presuntuoso.
Ci siamo allora rifatti al mito greco delle divinità del tempo. I greci antichi avevano tre divinità del tempo: Chronos, Aion e Kairos. Kairos è il momento opportuno, è il presente che ti viene incontro – se lo sai afferrare. Il dio, infatti, ha un aspetto suggestivo: è quasi completamente calvo se non fosse per un ciuffo di capelli che ha sulla fronte. Se lo afferri per il ciuffo lui si ferma: è il simbolo di un’opportunità che va colta al volo. Abbiamo scelto Kairos come simbolo della sensibilità solitaria di ognuno di noi, che grazie a questa rivista trova la sua espressione. Tutti noi dovremmo riportare il tempo al Kairos, al tempo giusto. Inoltre ci pareva il tempo opportuno per esporsi, impegnarsi, spendersi.
Perché l’idea di una rivista?
L’idea nasce dalla volontà di intercettare un bisogno di riflessione e di comunicazione attraverso l’esperienza scritta, dal soddisfacimento di una necessità quasi spirituale. Alcuni di noi hanno una sensibilità che non corrisponde a quella della maggioranza, hanno un’indole intimistica e solitaria. Ci siamo accorti che condividevamo un bisogno comune – quello di interrogarsi sulla vita, di non voler essere passivi, di non omologarci al rumore.
E così ci siamo detti: se provassimo a stare insieme? Il progetto editoriale viene dopo, prima c’è il bisogno di creare un gruppo che condivida una visione, una prospettiva delle cose. Eravamo tutti innamorati della scrittura, perciò abbiamo iniziato un progetto di scrittura che è diventato poi una rivista.
Poi cosa è successo?
Con il tempo la rivista Kairos è diventata sempre meno della scuola e sempre più nostra. Le riunioni si sono spostate a casa mia, a cena tutti insieme davanti a una tavola imbandita dove ognuno arrivava portando qualcosa da mangiare. Così sono nate le serate Kairos, un vero e proprio convivio culturale.
Se pensi che i ragazzi che hanno iniziato con me il progetto ora sono laureati e continuano a fare la rivista, ti rendi conto che non è solo un fatto scolastico, bensì una vera e propria vocazione in cui hanno creduto e in cui credono ancora. Non è vero che i ragazzi vogliono stare solo col telefonino – è una certa scuola che li annoia, che li allontana dalla cultura.
Come è stato accolto questo progetto dai ragazzi, dalle loro famiglie, dalla struttura scolastica?
La preside del tempo, Adele Vitale, mi aveva lasciato carta bianca per farmi fare ciò che ritenevo più opportuno. Il vecchio giornalino scolastico, che avevo diretto, aveva avuto un discreto successo e vinto alcuni premi. Quindi si sperava in una nuova ricaduta di successo per la scuola. Come ho detto, è stata proprio la scuola a finanziare economicamente la pubblicazione dei primi numeri di Kairos.
Anche le famiglie degli studenti partecipanti hanno accolto con molto entusiasmo e con curiosità l’idea di una rivista culturale realizzata dai propri figli. Sono stati invece i colleghi, gli altri docenti, a rispondere con fredda indifferenza all’iniziativa culturale – e pensare che i giovani scrittori erano anche loro studenti. Le copie della rivista venivano lasciate sul tavolo in sala professori. All’inizio siamo stati demoralizzati, poi abbiamo reagito con un sentimento di sfida – tanto da riuscire a pubblicare quattro numeri all’anno. Siamo diventati comunità anche riconoscendoci differenti dal resto del mondo.
Forse gli adulti sono ormai stanchi, annoiati, disillusi. Oggi c’è un senso di cinismo che viene trasmesso alle giovani generazioni – la sensazione che tutto sia inutile, niente serva a niente. Appassioniamoli i nostri ragazzi, facciamo vedere che c’è ancora qualcuno che ci crede. Io ho provato ad essere l’insegnante che avrei voluto ricevere, un docente con cui poter comunicare. Mi sono chiesto: che scuola ho in mente? cosa mi sarebbe piaciuto avere a vent’anni?
Che cos’è la rivista Kairos oggi?
Quando siamo nati, eravamo una rivista cartacea a tiratura molto limitata e questo ci rendeva isolati dal resto del mondo. Un amico della rivista, l’editore Ciro Marino, ci suggerì di approdare sul web per ottenere più visibilità, ma questa proposta spaccò la nostra redazione fra favorevoli e contrari, tanto che non riuscimmo a prendere una decisione in quel momento.
Un primo passaggio cruciale è avvenuto con l’avvento della pandemia. La nostra scuola è stata chiusa, il mondo intero si è fermato e si è chiuso in casa. In quel momento ci siamo detti: o ci fermiamo anche noi, oppure creiamo un sito web su cui continuare a lavorare e a pubblicare i nostri lavori. Così è nato il nostro portale: un sito semplice, pratico, con sezioni e sottosezioni, realizzato interamente dai giovani.
Un secondo evento che ci ha permesso di svincolarci del tutto dall’istituzione scolastica è stata la nostra partecipazione al Festival del Libro di Napoli con la casa editrice Wojtek. L’amministrazione del liceo si è in qualche modo risentita, sostenendo che questa partecipazione avrebbe messo in ombra la scuola, che era parte integrante del progetto della rivista. Fu quello il momento di tagliare definitivamente i ponti con l’istituto, che non faceva altro se non finanziare la stampa di poche copie all’anno.
Quali sono i vostri progetti futuri?
Al momento pubblichiamo solo online, ogni tre mesi. Ma il nostro desiderio è quello di tornare alla carta, vorremmo tanto riaverla. Speriamo di riuscire a promuovere qualche iniziativa di crowdfunding per riuscire a finanziare la pubblicazione dei prossimi numeri. Intanto, l’avvento sul web ha fatto esplodere il nome di Kairos in modo incredibile, dandoci una visibilità insperata. Oggi Kairos è una rivista nazionale. Era nata come luogo di espressione nostro, ora è un luogo di espressione molto più ampio, universale.
Molti scrittori provenienti da ogni parte d’Italia ci mandano i loro racconti, chiedono di poter pubblicare con noi. La stessa cosa si può dire di importanti fotografi e illustratori, che ci fanno dono delle loro splendide immagini. La nostra è un’anima multiforme: parliamo di scrittura, ma anche di cinema e di arte; pubblichiamo racconti e riflessioni poetiche; condividiamo cultura e bellezza anche attraverso i nostri canali social – su YouTube, ad esempio, pubblichiamo i nostri lavori multimediali, utilizzati sempre per veicolare la rivista e la scrittura.
La redazione di Kairos
- Michele Salomone
- Maria Castaldo
- Matteo Squillante
- Mila Sapph
- Salvatore Perrella
- Roberto Petrazzuolo
- Nicola De Rosa
- Vincenzo Orefice
- Adelaide Russo