C’è un luogo, a Napoli, dove la cultura dei libri esiste da sempre ed è ormai istituzione: è Port’Alba. In questa piccola strada che da Piazza Bellini porta a Piazza Dante, passando sotto l’omonima porta, si susseguono librerie antiche dove non è difficile trovare volumi rari, dimenticati, ma mai passati di moda. Perché, si sa, la cultura è un evergreen.
Depositari di questi luoghi, dall’aura quasi magica, sono i librai che ogni giorno con passione e dedizione si dedicano all’amore per la cultura e alla voglia di trasmetterla, di diffonderla, quasi come fosse un virus. Recentemente ho avuto il piacere di fare quattro chiacchiere con il signor Nunziante Pironti, proprietario della libreria Pironti a Port’Alba.
Da quanto tempo esiste questa libreria?
Da circa cinquant’anni. Più precisamente dal 1968, che è l’anno della mia nascita. Mio padre aprì questo negozio proprio quando nacqui io. E io ho voluto mantenere la stessa impostazione di libri ricercati, rari, antichi – questa è l’impostazione che abbiamo sempre avuto.
Come è cambiata Port’Alba nel tempo?
Prima era una strada più a prerogativa scolastica. Port’Alba è stata (e forse ancora lo è) un punto di riferimento per la vendita dei libri per la scuola. Tutti noi ci siamo adeguati a questa realtà: infatti la nostra maggiore entrata era caratterizzata dalla vendita dei libri didattici. Quindi, praticamente, buona parte della vita della libreria si svolgeva in quei due mesi (settembre e ottobre) in cui folle oceaniche si riversavano nelle librerie.
Col tempo, però, noi librai abbiamo assistito ad un’inversione di tendenza. Le province e i piccoli centri si sono attrezzati, è iniziata la vendita dei libri scolastici anche online, sempre meno sconti sono stati riconosciuti ai librai. Per questo ho pensato di abbandonare del tutto il settore della scolastica e di dare alla libreria una nuova impostazione di approccio per il cliente. Qui ha la possibilità di consultare i libri relativi alla materia che più gli interessa dividendo la libreria per argomenti – dalla letteratura del Novecento alla critica letteraria italiana e straniera, dall’antropologia alle materie tecniche.
Insomma, non vogliamo mettere l’avventore della libreria nelle condizioni di dover necessariamente comprare qualcosa. È un po’ un approccio “alla Feltrinelli”, se mi passa l’espressione. Ma non si tratta di una “Feltrinelli” del libro nuovo, bensì del libro raro e ricercato. Questo è il nostro tentativo di uscire da quella omologazione delle librerie tutte uguali in cui si trovano sempre le stesse pubblicazioni. Offrire magari la possibilità di trovare quel particolare testo che si cercava da anni.
Chi viene a comprare qui? Cosa cerca?
Il cliente tipo di questa libreria è il topo di biblioteca, colui che ha un rapporto quasi morboso con il libro, che colleziona i testi in maniera quasi compulsiva. Qui ha la possibilità di trovare pezzi anche molto rari e pagarli anche tantissimo. Magari la prima edizione de L’amore ai tempi del colera in lingua originale – giusto per fare un esempio.
Da qualche tempo poi ho istituito una sorta di tradizione, che vuole essere anche un omaggio al mondo della letteratura. Ogni volta che viene a mancare un grande autore – scrittore, drammaturgo, poeta che sia – io uso omaggiarlo “mettendolo in vetrina”. Il l’ho chiamata “necro-vetrina”, ma non è affatto una presa in giro: molti la trovano una bella iniziativa. Vogliamo creare quel momento in cui, quando viene a mancare un’istituzione nel mondo della letteratura e c’è un’emotività in tal senso, è possibile trovare i suoi scritti.
Mi piace ricercare il testo – il fatto di trattare solo con privati è qualcosa di bellissimo. Quando acquisisco una biblioteca, è come se entrassi nella vita di quella persona. Attraverso le sue letture, posso delineare la storia, il percorso di quella persona. Purtroppo però, la maggior parte delle acquisizioni avviene per mano di chi, quella biblioteca, l’ha ereditata da un caro venuto a mancare. E del resto, una persona che ama i libri non li venderà mai, anzi ama pensare che quelli che la riceveranno in eredità manterranno questo patrimonio. Non economico, certo, ma sicuramente culturale.
Non manca qualche parente a cui piange il cuore quando mi porta i libri. A lui io dico sempre: “Questi libri non li sta buttando, li sta dando ad un libraio e presto potranno avere una nuova vita grazie a dei nuovi acquirenti.” Questa frase lo consola.
Che cosa ama di più di questo lavoro? Il rapporto con il pubblico? Il rapporto con i libri?
Un po’ tutto. Il rapporto con il libro è qualcosa quasi di fisico. E poi c’è il piacere di condividere con il cliente questo rapporto. Tuttavia, c’è il rovescio della medaglia. Chi frequenta le librerie nascono tanti aneddoti anche curiosi.
Aneddoti che il signor Pironti ha raccolto in un piccolo libricino che mi mostra e mi fa leggere. Alcuni sono esilaranti, altri sono lo specchio triste dell’ignoranza che dilaga, altri ancora hanno per protagonisti turisti svampiti o giovani un po’ naif – tutti hanno i libri come comune denominatore, benché declinato in varie salse. Eccone qualcuno che ho voluto appuntarmi:
“Avete un libro di Shakespeare?”
“Sì, ma quale?”
“L’ultimo che ha scritto.”
Due ragazze…
“Buongiorno, avete i Promessi Sposi?”
“Quale edizione?”
“Qualsiasi, però mi raccomando – deve essere Manzoni.”
“Scusate, avete visto mio marito?”
“Ma com’è fatto?”
“Ha chiesto dei libri.”