Quando dobbiamo comprare un libro – sia che ne abbiamo già uno bene in mente sia che non abbiamo idea di cosa acquistare ma vogliamo lasciarci “sedurre” da un titolo o da una copertina – alzi la mano chi non apre l’app di Amazon sul proprio cellulare o al massimo si trascina fino al più vicino centro commerciale, dove trova la libreria di catena con mille-più-uno volumi nuovi di zecca.
È la solita storia della mega-libreria Fox e della piccola libreria “dietro l’angolo”, per citare una commedia degli anno Novanta. Troppa offerta e personale generalmente non competente da una parte, pochi titoli scelti con cura e amore da un libraio che ha fatto di questo mestiere la sua ragione di vita dall’altra.
Per provare a capire come funziona il commercio dei libri lontano dalle catene commerciali e come si sopravvive all’arroganza di Internet e dei grandi marchi editoriali, ho fatto quattro chiacchiere con un libraio storico del centro universitario di Napoli – Raimondo Di Maio, proprietario della libreria e casa editrice Dante e Descartes (via Mezzocannone).
Possiamo dire che la sua è una piccola libreria?
Certo, le librerie sono tutte “piccoli giganti” a seconda di chi le anima, di chi ha un certo bagaglio culturale e bibliografico. Io mi sento un piccolo libraio.
Chi è l’avventore tipo della piccola libreria? Cosa cerca?
Stiamo assistendo ad una grande perdita di una buona fetta dei “clienti tipo”, ovvero gli universitari. Amazon, fotocopie, disamore per il libro…i fattori sono tanti. Oggi nessuno viene più qui conoscendo il testo che vuole, ma tutti mi mostrano delle foto sul cellulare dove c’è il libro che desiderano. Questo passaggio, ricordare a memoria il titolo e l’autore del libro, sembra una cosa da niente. E invece vuol dire togliere la memoria bibliografica del testo dalla testa del lettore – dello studente, in questo caso.
Per fortuna posso dire di avere dei clienti storici. Mi occupo di libri da quarant’anni, alcuni clienti sono invecchiati con me. E poi c’è un po’ di turismo che definirei “culturale” – quel turismo un po’ curioso, alla ricerca del libro particolare, fatto di persone che hanno sentito parlare di questa libreria e che la vengono a cercare. Vogliono leggere i piccoli autori napoletani, non solo i grandi titoli di consumo che si trovano anche al supermercato. Del resto io e mio figlio, librai entrambi, abbiamo un motto: Libri perduti e ritrovati.
Appunto…come si sopravvive alla concorrenza spietata?
Internet ha rappresentato per noi una grande perdita: la piccola libreria non è più un punto di riferimento vero come lo era un tempo. I ragazzi vanno di fretta: se hai il libro che cercano lo prendono, altrimenti non sono disposti ad ordinarlo e aspettarlo. Il web ci batte sul tempo.
Come è cambiata l’editoria rispetto al passato?
Oggi c’è una produzione editoriale disperata, che rincorre i consumi e non fa buona letteratura. Questo comporta due cose negative. Da una parte i lettori non si formano più: se incontrano libri pessimi, è difficile che continuino a leggere altri libri. Al contrario, succede che inciampi in un buon libro e diventi un lettore. Dall’altra, questi libri di consumo che durano meno di uno yogurt (dopo una settimana si potrebbero già buttare nel macero) non hanno un futuro, non hanno un destino letterario. Quindi, che ne facciamo? È proprio la rappresentazione plastica del consumismo imperante: alla letterarietà del libro si è sostituita la narratologia del libro stesso, il consumo, l’intrattenimento.
L’editoria oggi produce un po’ di tutto, senza più darsi la possibilità di scegliere. In pratica, si prova il mercato – una cosa sbagliata perché non dovrebbe essere il mercato a fare i libri, ma i libri a dettare le regole del mercato. I libri, con il loro potere, dovrebbero disporre i lettori e un possibile mercato. In tutto questo c’è una deriva commerciale molto banale. I conti con questi libri non tornano mai: a volte ce n’è uno che ha un picco di vendite, ma molti non raggiungono le biblioteche familiari.
Come sono cambiati i lettori?
Il lettore di oggi è pigro. E invece va forzato, va portato verso avventure intellettuali e sentimentali. Gli va cambiata un po’ la vota – se non altro la tonalità. Bisogna mostrargli che si può aprire una porta, dietro la quale c’è un baratro di esperienze, un’avventura esistenziale. Oggi la maggior parte dei libri è di intrattenimento, non dà nulla più di questo.
Un’altra tragedia è che oggi scrivono un po’ tutti…
Esatto. Oggi tutti hanno questa velleità di essere “pubblici”, di diventare qualcosa di pubblico. Anche gli editori sono velleitari – una giungla di piccoli editori che non sanno neppure dive inizia il frontespizio e dove finisce il colophon. È una situazione che andrebbe un po’ rivista.
E le librerie di oggi?
Spesso le librerie sono state messe su da chi era disoccupato, da chi pensava di avere amore per i libri e invece non ce l’ha. Da noi in Italia basta avere la terza media per aprire un’attività commerciale – anche una così sensibile come una libreria. Io credo invece che ci vorrebbe invece un piccolo corso di formazione per librai. Vuoi aprire una libreria? Bene, vediamo se conosci i generi, gli autori, le letterature. Oggi invece c’è una deriva di pseudo-librai che magnificano i libri senza sapere nemmeno cosa sono – con risultati mediocri sia dal punto divista culturale sia, immagino, da quello economico.
Oggi le grandi catene di librerie sono quasi tutte in crisi. Il modello di consumo ha avuto un boom iniziale per la curiosità, per la grandezza, per il tutto-presente. Naturalmente, non ha formato dei buoni librai. Con l’estinzione delle ultime figure di librai, abbiamo dei semplici commessi che si attengono a quello che dice il buyer [colui che compra i libri per conto delle librerie di catena], che spesso non conosce né i clienti né le realtà locali. Perciò commette errori su errori.
I clienti invece vanno consigliati, aiutati (specie se sono giovani), vanno indirizzati con modestia e con esperienza. Sentire un giovane libraio che parla di un libro che non ha letto, ma solo perché l’ha sentito, è più un danno che una proposta di lettura. Andrebbero lette almeno la quarta di copertina e qualche nozione sull’autore.
Qual è il libro che non dovrebbe mai mancare in una libreria?
Sono tanti i libri che dovremmo avere a disposizione. Ma, piuttosto, dovremmo avere sempre la curiosità di apprendere qualcosa di nuovo, che ci allarghi la coscienza. Del resto, un libro serve proprio a questo. E invece oggi c’è questo possedere libri come attestazione di certezze: consumo anche io questo libro, l’ho comprato. Non l’ho letto, non lo giudico, ma ce l’ho – in attesa di una futura lettura che chissà mai ci sarà.