Che cos’è una notizia? Dare una definizione a questo termine non è semplice. Possiamo iniziare dicendo che la notizia è un fatto, non tutti i fatti sono notizie. In pratica, se è vero che per scrivere un pezzo dobbiamo aver qualcosa da raccontare, è altrettanto vero che non tutto quello che accade nel mondo merita di essere raccontato.
La scelta di cosa sia una notizia è soggettiva e dipende dal giornalista e dal giornale, come anche lo spazio da dare ad essa. Ogni giornale sceglie le notizie da trattare, quelle a cui dare importanza, e sceglie talvolta di non dare spazio a una notizia perché non la ritiene in armonia con la propria linea editoriale. E, allo stesso modo, il giornalista che scrive il pezzo darà più o meno importanza a dei dettagli, degli aspetti della notizia.
Quando un fatto diventa notizia?
Come ho detto, non tutti i fatti che accadono diventano poi una notizia. Esistono dei criteri che ci permettono di distinguere un semplice avvenimento da una notizia degna di essere raccontata. Eccone qualcuno:
- Novità. Una cosa nuova, che prima non c’era, può essere considerata una notizia. Quando qualcosa di nuovo accade e cambia un pezzo di realtà, allora è una notizia. Questo vale anche per un fatto finora privato che assume improvvisamente una rilevanza pubblica.
- Conflitto. Lo scontro fra diverse idee, fra economie, fra squadre di calcio o parti politiche è spesso un fatto rilevante e potrebbe diventare una notizia. Del resto, nel conflitto vediamo una chiave di lettura di più parti della realtà.
- Impatto. Ciò che vogliamo raccontare ha un qualche effetto sulle persone? A quante persone può interessare? Esempi di fatti di impatto sono un cambiamento della tassazione, tagli stipendi pubblici, l’aumento dei prezzi della benzina: questi fatti avranno delle conseguenze importanti sulla vita delle persone, quindi meritano di essere raccontati.
- Straordinarietà. Un cane che morde un uomo non è una notizia, ma un uomo che morde un cane sì, perché si tratta di un fatto straordinario che succede per la prima volta. In generale, sono le circostanze che possono trasformare un fatto in una notizia o lasciarlo nell’oblio.
- Prossimità del lettore. La vicinanza a un certo fatto determina quanto questo ci interessa: ad esempio, il terremoto di Amatrice, nel cuore dell’Italia, ci interessa molto di più di un terremoto altrettanto devastante e grave che avviene dall’altra parte del mondo.
- Ripetitività. Se un fatto si ripete più volte in un lasso di tempo contenuto, potrebbe significare che non si tratta di un caso isolato ma di un fenomeno esteso. Ad esempio, un enorme numero di morti per polmonite potrebbe suggerire la presenza di un virus nuovo, e in quel caso si tratta di una notizia.
- Importanza dei soggetti coinvolti. Chi è il protagonista del fatto? Una persona comune, un VIP, un politico famoso? Se io cado e mi fratturo una gamba non interessa a nessuno, ma se cade il Presidente della Repubblica allora il fatto diventa una notizia.
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Come si scopre una notizia?
Anche per questa domanda le risposte sono diverse. Per raccontare un fatto dobbiamo averlo visto noi in prima persona, oppure dobbiamo sapere a chi chiedere e conoscere informatori fidati che possono aiutarci a capire cosa sta succedendo:
- Testimoni oculari. Possiamo essere noi, che abbiamo assistito all’evento, oppure un inviato del giornale che assiste ai fatti e riporta le notizie (come sta avvenendo per la guerra in Ucraina). A volte si sa già che un fatto accadrà (ad esempio le elezioni, un discorso pubblico, una manifestazione…): se pensiamo che quel fatto possa essere interessante, rechiamoci sul posto per assistere all’evento e poterlo raccontare.
- Informatore. Chi è questa “persona informata sui fatti? Possiamo fidarci? Ci sono altri testimoni a cui chiedere conto dell’evento?
- Altri giornalisti. Agenzie di stampa e giornalisti di testate locali (per fatti che accadono in luoghi remoti del mondo o in piccoli paesi) possono aiutarci nella stesura del nostro articolo.
- Comunicato stampa: un ente, una ONG, un governo annuncia un dato fatto, un evento. La redazione valuta l’eventuale importanza del comunicato, se la notizia è da dare o meno
- Dati e atti pubblici. Esiti di sondaggi, dati diffusi dall’ISTAT o da qualche ministero possono aiutarci a comprendere meglio la realtà (e a raccontarla): non sono i dati in sé a fare la notizia, ma piuttosto la loro interpretazione.
- Lavoro giornalistico. Ultimo ma non per importanza, il lavoro investigativo del giornalista è fondamentale per raccogliere informazioni e diffonderle sotto forma di notizie. Per questo è così importante che un giornalista sia ben inserito nel contesto in cui lavora, abbia conoscenza diretta di pezzi di realtà, sia in grado di tessere una rete di contatti e di informatori a cui rivolgersi per costruirsi delle fonti.
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Come la si racconta?
A scuola ci hanno insegnato che, per raccontare una notizia, dobbiamo rispondere alle famose 5W del giornalismo (Who/What/Where/When/Why – a cui si aggiunge la H di How). Ma cosa fare se non conosciamo la risposta a tutte e cinque le domande?
Iniziamo raccontando quello che sappiamo, ma anche quello che non sappiamo. In questo modo, creeremo un rapporto di fiducia e onestà intellettuale con il lettore, che non si sentirà preso in giro dalle nostre illazioni e dalle nostre ipotesi fantasiose. Se non sappiamo il perché di un evento, possiamo dire che non sono ancora chiare le dinamiche.
Quando raccontiamo un fatto, è importante ricordarci di queste quattro parole-chiave:
- Verità (o la cosa che più si avvicina)
- Imparzialità (è inutile dare giudizi e opinioni, a meno che non si stia scrivendo un editoriale – ma in quel caso lo scopo principale del pezzo non è dare la notizia)
- Brevità (non serve allungare il brodo con dati inutili che distraggono il lettore dal fatto principale)
- Chiarezza (stiamo informando, non scrivendo un racconto onirico: dobbiamo assicurarci che i lettori capiscono cosa gli stiamo dicendo).