Si parla tanto delle grandi case editrici (la cosiddetta editoria di catena), ma ancora troppo poco spazio viene dato a realtà editoriali medio piccole che lavorano con impegno e dedizione, conoscono uno per uno gli autori che pubblicano come anche i clienti che acquistano i loro libri. Su questo tema ho avuto il piacere di fare quattro chiacchiere con Ciro Marino, proprietario della casa editrice Wojtek, una piccola casa editrice “indipendente”. Vediamo meglio cosa si nasconde dietro questa definizione.
Che cosa vuol dire fare letteratura indipendente?
“Letteratura indipendente” è una definizione che può significare tutto e niente. Tecnicamente si tratta di editoria che si muove all’esterno dei grandi gruppi editoriali (GeMS, Mondadori, Feltrinelli): chi è al di fuori è indipendente.
Purtroppo però, dietro questa etichetta dell’indipendenza si nascondono parecchie magagne…si può essere indipendenti facendo editoria a pagamento, pubblicando abomini illeggibili, non leggendo i libri che si pubblicano, facendo print on demand. Tutto questo non è ciò che voglio fare, non rappresenta la mia etica. Semplificando, secondo me non è etico pubblicare libri che non si leggono o su cui non c’è lavoro di revisione, di editing.
Mi capita spesso di parlare con editori che si vantano di essere indipendenti, non a pagamento, che però poi fanno print on demand. Non ti fai dare i soldi dall’autore, è vero, ma non fai nulla per distribuire il suo libro – te lo tieni sul tuo sito, in vetrina, e lo stampi solo su richiesta di chi vuole comprarlo. Questo non vuol dire pubblicare un libro, questo vuol dire essere una “stamperia”. Amazon fa così.
Molte persone vengono da me e si lamentano che pubblicare è difficile. E io rispondo loro che è giusto che sia così: pubblicare deve essere difficile. Pubblicare non è un diritto. Facciamo un esempio: anche partecipare alle Olimpiadi non è un diritto. Chi vuole partecipare alle Olimpiadi deve allenarsi con serietà, disciplina e costanza. Solo i più bravi arriveranno poi davvero alle Olimpiadi. E nel mondo della letteratura dovrebbe accadere lo stesso: solo i libri veramente meritevoli e di qualità dovrebbero essere pubblicati.
Di che generi vi occupate?
Attualmente abbiamo tre collane. La prima, Orso Bruno, copre la narrativa italiana, è dal taglio sperimentale e sicuramente contemporaneo. La seconda, Orso Nero, si occupa invece di narrativa straniera non di genere – in questa collana abbiamo pubblicato le cose più disparate. Infine la terza, Ostranenie, raccoglie libri di critica letteraria, con molti autori importanti e riconosciuti.
Che cosa fa la scelta di un buon libro? Come si fa a prevedere il possibile destino letterario di un testo?
È chiaro che è il gusto dell’editore a fare la differenza, alla fine. A questo proposito, voglio citare un passo del libro di Danilo Kiš [“L’ultimo bastione del buonsenso”, edito da Wojtek, ndr]:
Il tema dei miei libri è, per citare Nabokov, lo stile. O viceversa, lo stile dei miei libri è il loro tema.
È un po’ una frase emblematica per tutte le cose che vogliamo pubblicare noi come casa editrice. La trovo molto calzante. Insomma, la letteratura è una cosa seria. Se la si vuole trattare come un gioco o come una macchina per fare soldi, lo si può fare. Ma non è quello che vogliamo fare noi come editori.
A volte, la vanità dello scrivente (non uso il termine “scrittore” di proposito) è difficile da contenere. Ma non basta mettere un logo sopra una copertina. Tantissime persone si rivolgono a noi nella speranza di veder pubblicato il proprio libro. Se provi a fargli capire perché il loro testo non funziona, perché non puoi pubblicarlo, diventi solo l’ennesimo che non capisce niente di letteratura. Così vanno da qualcun altro (leggi editoria a pagamento), pagano e tornano con il manoscritto pubblicato fra le mani a dirmi: hai visto che sono riuscito a pubblicare?
Noi siamo una piccola casa editrice e cerchiamo, nel nostro piccolo, di fare le cose al meglio. Non è facile spiegare a una persona che non legge ma che ha velleità scrittorie le problematiche sottese alla pubblicazione del suo manoscritto – e alle volte ci rinuncio pure io. È come parlare con un muro di gomma, il messaggio non viene recepito.
Proprio qualche settimana fa mi è capitata una cosa assurda. Una persona mi ha portato in negozio il suo manoscritto inedito, proponendolo per la pubblicazione. Gli ho chiesto, anche per capire un po’ meglio chi fosse la persona che avevo davanti, quali fossero i suoi gusti letterari, e lui mi ha risposto che non legge per non essere influenzato dalla scrittura degli altri. Si tratta davvero di un’assurdità!
Come fa la letteratura indipendente a battere l’editoria di catena?
In realtà non è una guerra, non c’è competizione e neanche la si cerca. I lettori competenti si rendono conto che si tratta di due offerte, di due mercati ben diversi. Del resto, non in tutti i libri si trova della buona letteratura. Le grandi case editrici pubblicano davvero di tutto: pensa che ci sono dipendenti specializzati nel monitorare il successo degli influencer e delle altre star di Internet: quando un influencer supera un certo numero di followers, scatta automaticamente la proposta di pubblicazione. Se questo è fare editoria, allora siamo bravi tutti.
È un po’ lo stesso discorso che vale per la musica: ci sono tanti cantantucci mediocri che vendono molto di più di un musicista che si è formato con vent’anni di studi al conservatorio. È banale dire che la qualità non la fa il numero di vendite – si tratta di avvicinare i lettori ad un progetto.
Quest’anno, due dei vostri titoli sono stati nominati al Premio Strega…
È stata una bellissima sorpresa, un grande riconoscimento del nostro lavoro. Il fatto che arrivino ben due nomine da una casa editrice della provincia del sud Italia ci ha reso molto orgogliosi. Arrivano molti riconoscimenti dalle istituzioni editoriali importanti e questo ci fa felici. Insomma, le soddisfazioni sono molte di più delle critiche.