Alzi la mano chi non ha mai avuto, sul proprio comodino, un romanzo giallo in attesa di essere letto. Questo genere letterario conta ormai quasi due secoli di vita, e continua ad essere apprezzato e amato da migliaia di lettori (ad oggi, è quello che vende più copie a livello mondiale).
Ma qual è il segreto del successo e della longevità di questo genere, che resiste allo scorrere del tempo e continua ad appassionare i lettori (senza considerare gli spettatori di film e serie TV tratte da romanzi gialli)?
Secondo alcuni, il giallo ha successo perché è un genere “rassicurante”. Alla fine i colpevoli sono puniti e i buoni vincono, e il lettore si sente rinfrancato nelle sue convinzioni. Questa visione un po’ semplicistica, tuttavia, non tiene conto che non sempre la storia narrata è così rassicurante: già nelle storie del commissario Maigret, alcuni colpevoli non vengono assicurati alla giustizia, e questo accade talvolta anche nei gialli di Andrea Camilleri e nei romanzi della letteratura contemporanea nordica.
Per altri, e io mi accodo a questa seconda teoria, il segreto del giallo sta nel gioco che si instaura fra lettore e scrittore, nel piacere che il lettore prova a risolvere piccoli o grandi misteri. Il bello di leggere un romanzo o un racconto giallo è proprio questo: scoprire il colpevole prima che ci venga detto dallo scrittore.
Il giallo classico ha regole molto precise, che si sono assestate nei primi sessant’anni di vita del genere (dagli anni ’40 dell’800 in poi) fino a cristallizzarsi nella maniera che conosciamo oggi. Col tempo poi, elementi del mistery e del giallo si sono inseriti anche in altri generi: nella fantascienza, nel fantasy, nella narrazione storica, nel romance (oggi esiste addirittura il romance a tinte gialle).
Nascita del giallo classico
Il primo racconto giallo
Convenzionalmente, si fa risalire la nascita del giallo classico al racconto di Edgar Allan Poe “I delitti della Rue Morgue”, pubblicato nel 1841 e ambientato a Parigi. Ovviamente, anche prima di quest’opera sono esistite storie con un mistero da scoprire, ma si ritiene in maniera unanime che mai prima di allora una storia fosse incentrata esclusivamente su un mistero da scoprire e avesse un detective come protagonista assoluto della narrazione.
“Elementare, Watson!”
Passano pochi anni e ci spostiamo a Londra, dove hanno luogo le avventure di Sherlock Holmes e del suo fedele assistente Watson, nate dalla penna di Sir Arthur Conan Doyle (il primo romanzo, “Uno studio in rosso”, è del 1887). Con i romanzi di Doyle il detective, dilettante o di professione, non è più solo, ma inizia ad essere affiancato da un partner che è un po’ il suo alter ego speculare e che ritroveremo in molti gialli dei decenni successivi.
Qualche esempio di coppia letteraria: l’avvocato Perry Mason e il detective Paul Drake (Erle Stanley Gardner); Nero Wolfe e il suo assistente Archie Goodwin (Rex Stout); il commissario Salvo Montalbano e il suo vice Mimì Augello (Andrea Camilleri). Spesso accade che sia proprio l’assistente del detective a narrare in prima persona le vicende che noi leggiamo, come accade nel caso del dottor Watson.
Lo sviluppo del giallo classico nel ‘900
Il primo investigatore scientifico
Con Richard Austin Freeman, agli inizi del Novecento, nasce l’investigazione scientifica. L’autore, medico chirurgo, si ispira alla propria vita e ai propri studi per il personaggio del dottor John Thorndyke, il primo investigatore scientifico della letteratura. Thorndyke è infatti professore di medicina legale: per la prima volta, nel genere giallo, vengono menzionate le impronte digitali, l’analisi sui cadaveri, lo studio delle sostanze chimiche effettuato con rigore scientifico.
Anche in questo caso, il detective è accompagnato e sostenuto da un amico e socio, come prescrive la tradizione del genere in cui John Thorndyke si innesta: è il dottor Christopher Jervis, compagno di studi all’università del protagonista. Sarà lui a narrare, in prima persona, gli eventi che li vedono protagonisti nella maggior parte dei racconti e romanzi.
La nascita del legal thriller
Quasi contemporaneamente alle indagini di John Thorndyke, un altro investigatore destinato a rivoluzionare il genere del giallo classico compare sulla scena: è Philo Vance, dello scrittore americano S. S. Van Dine. Vance non ha bisogno di lavorare, perché è ricco di famiglia, e per hobby si occupa di consulenze su oggetti d’arte di nicchia.
Non si tratta quindi di un poliziotto né di un detective privato, ma di un semplice appassionato di crimini e omicidi. Il suo uomo di fiducia, in questo caso, è S. S. Van Dine (compare come autore dei romanzi, ma si tratta di uno pseudonimo), un consulente legale tuttofare. Fin dal primo romanzo i due tracciano una decisa linea di separazione con gli investigatori deduttivi dedicati ai fatti che li hanno preceduti. Per Philo Vance i fatti non contano nulla: qualunque evento, in tribunale, sarà stravolto dagli avvocati – alla fine è la bravura degli avvocati che cambierà la realtà.
Ciò che colpisce in questi romanzi è che i colpevoli raramente vengono processati da un tribunale, perché muoiono prima: è proprio Philo che in qualche modo li condanna e li lascia morire. Non è un caso che, qualche anno dopo la pubblicazione dei romanzi di Philo Vance, inizino a circolare gialli più crudi e violenti e si assista alla nascita del genere noir.