La dedica

Ho le gambe che mi tremano, le ginocchia che non mi reggono. Finalmente mi trovo a meno di due metri da David Attenborough, uno dei divulgatori scientifici più importanti di tutti i tempi. E sta sorridendo, proprio a me, con in mano il suo libro che ho appena comprato.
“A chi lo dedichiamo?” dice, guardandomi negli occhi.
“A Peter. È mio padre” mi affretto a specificare di fronte al suo sguardo perplesso. “È un suo grande ammiratore, ma purtroppo non è riuscito a essere qui oggi. Per questo ho pensato di fargli un regalo.”
“È molto premuroso da parte sua.” Attenborough scarabocchia qualche parola sulla prima pagina del libro, seguito dalle iniziali del suo nome, poi chiude il libro e me lo restituisce con gentilezza. Da vicino sembra proprio un nonno, il nonnino che mi ha raccontato il mondo della natura e la vita degli animali sin da quando ho memoria.

A Peter, con l’augurio di meravigliarsi ancora dello spettacolo della Natura.
D.A.

Quando ero piccola, guardavo i documentari di David Attenborough in TV insieme a mio padre, sui canali della BBC. Ho sempre amato la natura e sono stata una bambina curiosa, e i racconti di Sir David sapevano affascinarmi più dei cartoni animati o dei videogiochi di mio fratello Freddy. Ero eccitata nel vedere la lotta fra i leoni, la fuga per la sopravvivenza delle gazzelle, il primo volo delle farfalle appena uscite dal bozzolo, e ancora le profondità degli abissi marini o le vette innevate dei monti – il tutto raccontato con la sua voce calda e sempre precisa, meticolosa nelle sue spiegazioni. Per una ragazzina di campagna come me, cresciuta in un piccolo borgo del Kent, quei documentari erano la finestra su un mondo meraviglioso e coloratissimo, che speravo di poter visitare dal vivo un giorno.
In effetti, poi, la vita mi ha portato più o meno in quella direzione: oggi mi occupo di biodiversità marina e conduco studi per conto dell’Imperial College – qui a Londra, dove mi sono trasferita da qualche anno. Avrei voluto dirlo, al signor Attenborough, che è un po’ merito suo se oggi mi trovo a fare quello che faccio.

Apro la porta di casa e sono immediatamente avvolta dall’odore dolce della cioccolata calda alla cannella.
“Ehi, sei già tornata?”
Annuisco, mentre mi sfilo il cappotto. “Alla fine ho fatto più presto di quello che avevo immaginato.”
“Com’è andata?”
“Bene. È stata una bella presentazione.”
“Hai comprato il libro per tuo padre?”
Agito il pacchetto in aria prima di appoggiarlo sul tavolo del salotto e di raggiungerlo sul divano. Il suo abbraccio, caldo e soffice, è la mia roccia in mezzo a tutte le tempeste. Sono stata fortunata a trovarlo, penso spesso con gratitudine.
Si svincola dal mio abbraccio per porgermi la tazza. “Vuoi?”
“Solo un po’.”
“Anche se è già tiepida” si scusa.
“Non fa niente. Vorrei scrivergli anche un biglietto, prima di portarglielo” sussurro già con il naso nella tazza, tornando al mio regalo.
Mi bacia fra i capelli senza dire nulla, e io lascio andare un sospiro che non mi ero accorta di stare trattenendo.
“Ti va se ti porto al cinema stasera?” dice a un tratto. “C’è ancora in programmazione il film di Jurassic World.”
Non ho bisogno di pensarci troppo – ho proprio bisogno di mangiare una montagna di popcorn e si staccare il cervello per un paio d’ore. “Va bene, scrivo un attimo il biglietto e andiamo.”
“Ti aspetto qui. Non fare tardi però.”

Caro papà,
non sono mai stata brava con le parole, ma cercherò di fare del mio meglio.

Innanzitutto, buon compleanno. Oggi sono stata da Harchard’s e ti ho preso un regalo: è un libro di David Attenborough, è uscito da poco. Incontrare Attenborough era il nostro sogno – o meglio, era il tuo sogno ed è diventato il mio. Il libro te l’ho fatto dedicare, sperando di aver realizzato così un tuo desiderio. Chissà quanti altri desideri avevi che io non conosco, che non potrò realizzare al posto tuo. Di tanto in tanto mi viene da chiedermi a quante cose hai rinunciato per noi – quanti viaggi, quanti oggetti, quanti sogni hai messo da parte per far crescere i nostri sogni.
Troppe poche volte ti ho detto che ti volevo bene. Ti ho sempre dato per scontato, finché un giorno sei uscito dalla mia vita, e per sempre. All’inizio è stata dura. Io, mamma e Freddy ci stavamo perdendo – abbiamo avuto paura di non farcela. Un tavolo senza una gamba resta sbilenco per un bel po’ prima di ritrovare un nuovo equilibrio. Per fortuna noi, a poco a poco, il nostro nuovo equilibrio l’abbiamo trovato. Ce l’abbiamo fatta, ce la stiamo facendo, non molliamo. Ma senza di te è diverso, e lo sappiamo bene.

Se tu potessi vedere dove sono arrivata ora, che cosa sono stata in grado di costruire grazie ai tuoi insegnamenti e al tuo esempio. Non ho fatto il medico, come so che avresti voluto, ma sono diventata una biologa marina, e finalmente posso vedere la Natura dal vivo, come tante volte io e te abbiamo visto in TV.
Ci sono tante cose che vorrei dirti. Alle volte ancora mi viene da chiederti cosa ne pensi di questa o di quella faccenda, ma mi guardo indietro e tu non ci sei più. Avevi promesso che mi avresti aiutato nei momenti difficili, che mi avresti accompagnato in mezzo alle difficoltà, e invece mi ritrovo da sola.
Dicono che da un grande dolore nasce sempre qualcosa di buono. Noi cosa abbiamo trovato dalla tua morte? Sto aspettando ancora il giorno in cui parleremo di te – delle tue fissazioni, del tuo piatto preferito, del tuo orribile maglione beige con le trecce – e non ci verrà il groppo alla gola. Sto aspettando il giorno in cui rideremo al tuo ricordo, perché sarai diventato una ferita che non fa più male.

Nel frattempo, goditi la tua lettura. Il libro parla del futuro sulla Terra, di quello che aspetta la nostra specie. Spero ti piaccia.
Ti voglio bene.
S.


Questo racconto è dedicato a mio padre, che proprio in questi giorni avrebbe festeggiato il compleanno, e che non ha mai potuto leggere nessuno dei miei racconti.

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