Il Tradimento

Si può perdonare un tradimento?
Non mi ero mai posta questo spinoso interrogativo fino a qualche giorno fa, quando mio marito mi ha confessato in lacrime di avermi tradito con una collega del suo ufficio. Dopo tredici anni di matrimonio e cinque di fidanzamento, non ero preparata a ricevere questa notizia: credevo che il nostro fosse un matrimonio felice, solido, e ora mi ritrovo a cascare dalle nuvole di fronte alla confessione di mio marito – come chissà quante altre mogli ingenue prima di me alle prese con i tradimenti dei loro coniugi.
Non dico che i nostri anni insieme siano stati tutti rose e fiori, anzi: abbiamo avuto tanti problemi e difficoltà, ma il fatto di averle superate insieme, mano nella mano, mi aveva portato a credere che Joe fosse davvero l’uomo giusto per me, la mia ancora in mezzo alla tempesta, la spalla a cui appoggiarmi e sulla quale piangere in ogni momento troppo duro da affrontare da sola.
Mi ha assicurato, giurato, che non è stato nulla di serio, un momento di debolezza che può capitare a tutti – eppure a me non è mai capitato – e si è detto addirittura disposto a farsi assegnare ad un altro reparto per non incorrere nell’eventualità di incontrarla ancora, se questo può aiutare a farmi stare più tranquilla, ma gli ho detto che non è necessario: in fondo, se avesse voluto continuare questa relazione adulterina sarebbe bastato non dirmi nulla…ero così orgogliosa e sicura del mio matrimonio perfetto da non notare che si stava sgretolando fra le mie dita e che mio marito si era trovato un’amante. Che cieca che sono stata!
Se voglio credere a quanto mi ha detto, il tutto si è svolto nel giro di una manciata di settimane: qualche pranzo insieme nella pausa, passeggiate nel parco, lunghe chiacchierate da vicino o a telefono, qualche messaggino che non destasse troppi sospetti nei rispettivi coniugi, amplessi furtivi consumati in macchina o in qualche stanza d’albergo. Niente fiori, niente regali, niente cene romantiche, nessun tipo di smanceria.
Non gli ho chiesto perché mi avesse tradito – non mi illudo a immaginare che non ci siano tantissime altre donne più giovani, più avvenenti e più simpatiche di me. Volevo sapere piuttosto perché me lo avesse confessato e avesse troncato la relazione con l’altra quando avrebbe potuto continuare bellamente alle mie spalle e io non mi sarei accorta di nulla. Mi ha detto che grazie a questo tradimento ha capito di amare solo me e non voleva che fra di noi ci fosse un segreto tanto pesante, pur consapevole delle conseguenze alle quali sarebbe andato incontro con la sua confessione. Ora sta a me credergli oppure no, se fidarmi delle sue parole e provare a perdonarlo o rompere definitivamente la nostra relazione.

Ieri mattina, mentre sono in auto per andare a lavoro, la radio trasmetteva una vecchia canzone di Paul McCartney che ascoltavo spesso quando ero ragazza: parla di una coppia di giovani innamorati che decide di compiere un passo importante come il matrimonio e che non si lascia spaventare dai problemi e dalle difficoltà che la vita pone loro davanti, ma rimane unita e salda nell’amore e nella passione.
Sir McCartney – tre o quattro matrimoni alle spalle e infinite scappatelle in giro per il mondo – voleva insegnarmi come si tiene in piedi una storia d’amore. It’s not just a loving machine, pareva dicesse proprio a me. It doesn’t work out if you don’t work at it. Il buon vecchio Paul voleva forse dirmi che è colpa mia se il mio matrimonio sta andando a schiantarsi contro un iceberg come il Titanic? Che io non mi sono impegnata a sufficienza e per questo la mia storia con Joe è a un passo dal naufragio?
Ho sempre pensato che non fossero necessari acrobazie erotiche o completini leopardati, regali spropositatamente costosi, weekend romantici in località esotiche e manifestazioni di affetto in pubblico per tenere viva la nostra relazione. Noi ci amiamo davvero, mi sono sempre detta, e questo basta. Ora mi rendo conto che forse ho fatto un madornale errore di valutazione.
So bene che la colpa è tutta di Joe – è lui ad avermi tradito – eppure forse c’è una mia responsabilità in quello che ci è successo. Darci così per scontato, dimenticando di essere amanti prima che conviventi e genitori…è davvero questa la ragione del fallimento del nostro rapporto?

Mi sento morta dentro, svilita nel mio essere donna e moglie. Gli sono sempre stata fedele, non ho mai neanche guardato un altro uomo, perché credevo fosse questo il senso del giuramento che ci siamo fatti anni fa. A letto non l’ho mai rifiutato, per quanto il sesso non mi abbia mai entusiasmato e lui non si sia mai impegnato a farmi sentire desiderata, pur di scongiurare il rischio che andasse a cercare fuori dalla nostra camera il soddisfacimento dei suoi desideri.
Ho imparato a cucinare i suoi piatti preferiti, gli ho sempre fatto trovare camicie stirate nell’armadio e pigiami puliti sotto il cuscino, non ho mai preteso che mi aiutasse più di quanto lui non dimostrasse di voler fare, in casa o con i bambini…insomma, credo di essere stata una buona moglie e, soprattutto, credevo che il nostro fosse un matrimonio felice e destinato a durare. Ecco perché il suo tradimento fa ancora più male.

Ormai sono trascorsi già alcuni giorni dalla sua confessione, giorni particolarmente difficili da mandar giù. Siamo in una specie di limbo, ci stiamo muovendo entrambi impacciati come se fossimo intrappolati nella gelatina: Joe quasi non mi rivolge la parola, timoroso che la mia rabbia contro di lui possa esplodere da un momento all’altro, e io sono ancora troppo scossa anche solo per pensare ad una soluzione che possa smuovere questo stallo. Mi rendo conto che questa situazione non può andare avanti così per sempre e che prima o poi dovremmo parlarne e decidere cosa fare, come sciogliere questa tensione sempre più densa fra di noi, solo che non mi sento ancora pronta.
A volte mi chiedo se non sia il caso consultare una persona esterna alla vicenda, che potrebbe avere un punto di vista privilegiato rispetto al nostro e vedere possibilità che a noi sfuggono, ma poi sono io stessa ad accantonare l’idea. Ho escluso immediatamente una consulenza di uno psicologo o, peggio, di un terapista di coppia, forse una delle figure professionali più inutili e ridicole dei tempi moderni – finirebbero per impacchettare la nostra storia in cliché convenzionali senza neppure provare a capire le problematiche sottese alla nostra crisi e darebbero consigli inutili quanto impraticabili: sarò pure un’illusa, ma nonostante tutto credo ancora che la nostra storia sia qualcosa di unico, di speciale, e non voglio che sia banalizzata da chi non è in grado di comprenderne la vera essenza.
Non mi fido di nessun’amica al punto da confessare una cosa del genere, e parlare con mia madre significherebbe gettarla nel panico più totale: le darei un dispiacere troppo grande a mostrarle il fallimento della vita matrimoniale della sua unica figlia femmina, sulla quale esistevano grandi aspettative. Più ci penso e più mi convinco del fatto che questa faccenda deve rimanere chiusa nelle quattro mura di casa mia, e non perché essa getterebbe un’onta sulla mia esistenza altrimenti perbene e innocente, ma piuttosto perché attorno a me non vedo nessuno in grado di aiutarmi in modo concreto.
Non mi resta altra scelta, dunque, che rimboccarmi le maniche e tentare di rimettere in piedi il matrimonio che mi è franato addosso come un castello di sabbia. Sarà difficile ma non vedo altra possibilità: la separazione non è una soluzione contemplabile – né per me, che malgrado tutto mi vedrei persa senza di lui, né tantomeno per i nostri figli, che adorano il padre e morirebbero a vederlo messo alla porta. Il problema è che lo amo ancora, immensamente: nonostante mi abbia tradito non riesco a smettere di pensare a lui come l’uomo di cui mi sono innamorata e che ho giurato di amare fino alla fine dei miei giorni, purtroppo.

Sento i suoi passi nel corridoio e mi volto verso la porta. È già in pigiama e pronto per venire a stendersi accanto a me, come non ha mai smesso di fare da quando ci siamo sposati. Sarebbe stato ridicolo mandarlo a dormire sul divano dopo tutti i giorni in cui si è addormentato accanto a me mentre pensava all’altra, e poi non voglio che i bambini si accorgano che qualcosa non va.
“Credo che dovremmo parlare” dice mentre si infila sotto le coperte. “Questa situazione sta diventando un po’ pesante…io non ce la faccio più ad andare avanti.”
Lo fisso senza dire niente. È lui quello che ha sbagliato, non io: è lui che deve fare i conti con la propria coscienza – non mi venga a dire che la situazione si sta facendo pesante, per me è ormai insostenibile.
“Evelyn, per favore…di’ qualcosa.”
Mi volto dall’altra parte, allungando la mano per spegnere l’abatjour. “Buonanotte, Joe.”
Sento il suo sguardo fisso sulla mia schiena, malgrado l’oscurità che ci avvolge, che pugnala dritto in mezzo alle scapole, ma non ho voglia di voltarmi e di parlare, di chiarire – non sono ancora pronta.
“Posso abbracciarti?” chiede a un tratto. Sa bene che si sta addentrando in un territorio minato, e per questo ha messo in allarme tutti i suoi sensi.
Faccio di sì con la testa e lascio che le sue braccia mi cingano la vita e mi attirino contro il suo petto mentre resto a fissare la porta semiaperta che dà sul corridoio buio e silenzioso.
Il suo profumo è lo stesso di sempre, il suo abbraccio è ancora forte e sicuro come quando ci siamo conosciuti, quel giorno piovoso nella biblioteca dell’università – lui all’ultimo anno di corsi e io ancora al primo, così diversi eppure accomunati dalle medesime passioni. Forse davvero non è successo nulla. Forse sono solo io a vedere tutto sotto una luce nuova, come se questo fatto non facesse parte della mia vita, come se questo non fosse il mio letto e l’uomo che mi sta abbracciando adesso non fosse quello che ho sposato e che mi ha tradito con un’altra donna.
“Ti amo” bisbiglia nel mio orecchio.
Mio malgrado mi scappa una risatina carica di sarcasmo. “È parecchio tempo che non me lo dicevi.”
“Hai ragione” concede.
“Non dirmelo ora solo per tentare di…”
“Non lo faccio per questo, credimi.” Mi stringe un po’ più forte a sé, premendo le labbra sulla mia guancia, e io lo lascio fare.
“Non sarà facile mettere una pietra sopra a quello che hai fatto, te ne rendi conto?” Tento di mostrarmi forte e risoluta, ma la mia voce si incrina inevitabilmente.
“Voglio provare a ricostruire il nostro matrimonio, Evelyn. So che sarà difficile, ma voglio farlo – davvero. È tutta colpa mia se siamo arrivati a questo punto, ne sono consapevole, per questo sappi che farò tutto il possibile per riconquistare la tua fiducia.”
“Ci vorrà parecchio tempo, Joe” lo avverto. “E non è detto che le cose torneranno come erano prima.”
“Abbiamo tutta la vita per provarci.”


Oggi è il compleanno del mio secondo figlio e per festeggiarlo siamo andati tutti e quattro al cinema a vedere un film di supereroi. Questi film fantasy hanno il magico potere di far credere allo spettatore che possono accadere le cose più incredibili: bastano una tuta accessoriata, la vista bionica e il cuore grande per salvare il mondo dai terroristi o da una minaccia aliena. La vita sembra così semplice per gli eroi – forse è per questo che il pubblico li adora. Chi non vorrebbe avere qualche superpotere per combattere contro la banale routine di tutti i giorni?
Non capita spesso di andare al cinema tutti insieme. Fino a poco tempo fa mio figlio piccolo finiva con lo spazientirsi dopo un’oretta di proiezione ed eravamo costretti a lasciare la sala prima che il film fosse finito. Oggi invece è stato stranamente rapito dalla trama e dalla visione del film – sarà che ha compiuto sei anni e si sente improvvisamente investito di una nuova maturità. Dio, quanto assomiglia a suo padre. Più cresce e più risulta impossibile non notare la somiglianza – addirittura certi suoi movimenti, certi modi di atteggiarsi lo rendono incredibilmente simile a mio marito.

Durante tutta la proiezione del film Joe mi ha tenuto per mano, intrecciando le sue dita alle mie: un gesto che non faceva da quando, appena fidanzati, andammo al cinema a vedere La bella e la bestia – erano ancora gli anni Novanta. Le manifestazioni di affetto fra di noi, fattesi negli anni sempre più sporadiche fino a scomparire quasi del tutto, non mi sono mai mancate stranamente. Mi sono accorta della loro assenza solo quando sono prepotentemente tornate a far parte della nostra quotidianità, da qualche settimana ormai.
Ora che siamo in prova, Joe ha iniziato a mostrare affetto e tenerezza nei miei confronti – assai castamente, beninteso – e questa è una novità a cui faccio fatica ad abituarmi: qualche bacio durante la giornata, le nostre dita intrecciate sul tavolo quando siamo tutti a cena, l’addormentarsi ogni sera tenendomi stretta a sé…capita che mi svegli nel cuore della notte, in preda alla silenziosa angoscia che da alcune settimane mi attanaglia senza darmi pace, e di trovarmi ancora fra le sue braccia, come ci eravamo addormentati. Ogni tanto mi telefona dall’ufficio senza un vero motivo, solo per sentire la mia voce – dice – e per sapere come sto.
I bambini hanno percepito questo cambiamento nel nostro rapporto, non si sono accorti del lento ma inesorabile raffreddamento consumatosi in questi anni di matrimonio ma hanno avvertito immediatamente la drastica inversione di tendenza degli ultimi giorni. L’altro giorno mio figlio mi ha chiesto perché il padre mi telefona sempre dall’ufficio e io gli ho risposto che vuole semplicemente sapere se sto bene. Sei malata? mi ha chiesto preoccupato. Papà ha paura che facciamo troppo i cattivi e che ti arrabbi per colpa nostra? L’ho rassicurato che non c’è nulla che non vada, né in me né nel loro comportamento, ma devo dire che il suo genuino interessamento mi ha toccato il cuore. È tutto così semplice per i bambini, così spontaneo.
Alle volte vorrei che fosse così anche per gli adulti, anche per me e Joe: sarebbe bello riuscire a perdonarlo, dimenticare quello che è successo e tornare gli stessi di prima. Invece ogni volta che mi bacia e che mi tocca penso all’altra donna: mi chiedo com’era, in cosa era diversa da me e cosa l’ha resa tanto attraente agli occhi di mio marito. Non riesco a scordare la ferita che Joe ha lasciato sul mio cuore con la sua confessione, con le sue lacrime di coccodrillo e, soprattutto, non riesco a dimenticare il momento in cui il mondo perfetto che mi ero costruita mi è miseramente crollato addosso.

È in momenti come questo, mentre sono sola in cucina a tagliare la verdura per la cena, che maggiormente mi lascio andare al flusso dei pensieri e cerco di dare un senso a quello che mi sta accadendo. I miei figli sono entrambi al basket, finiranno l’allenamento fra una mezz’ora, e Joe andrà a prenderli come ogni giovedì sera. È già pronto, indossa ancora i vestiti con cui è tornato dall’ufficio, ma è un po’ in anticipo, perciò pensa bene di sedersi al tavolo accanto a me a guardarmi lavorare.
Approfitto di questo momento in cui siamo soli, io e lui, per togliermi dal cuore un dubbio che mi sta dilaniando. “C’è una cosa che vorrei chiederti, Joe” dico.
“Dimmi pure.”
“Perché stai facendo tutto questo?”
“Cosa?”
“Perché ti stai prendendo tanta premura di rimettere insieme il nostro matrimonio?” specifico. “Ti senti troppo in colpa e ti vuoi pulire la coscienza, oppure pensi che possa cacciarti di casa, o hai paura di quello che dirà la gente? Temi che con il divorzio non ti farei più vedere i bambini? Insomma, perché lo fai?”
“Che vuoi dire, Evy?” Mi prende entrambe le mani, costringendomi a smettere di tagliare le zucchine. “Secondo te non sono sincero?”
“Non lo so. Non so più cosa pensare, in realtà…non riesco più a fidarmi di te, mi dispiace. Vedo il tuo impegno, il tuo affetto, e mi chiedo dove sono stati fino ad ora. Perché in tutti questi anni non sei mai stato tanto dolce e affettuoso come lo sei stato negli ultimi giorni? Perché solo adesso dici e dimostri di amarmi, dopo tanti anni di distanza?” E, tra l’altro, appena dopo essere andato con un’altra donna?
“Ci siamo dimenticati in tutto questo tempo, e lentamente abbiamo smesso di darci l’uno all’altra” dice, quasi con rassegnazione. “Ma possiamo ricominciare a farlo, se vuoi. Possiamo sfruttare questo momento come opportunità per tornare ad essere innamorati, per corteggiarci come facevamo all’inizio.”
“Ti rendi conto di quello che hai fatto, Joe?” gli chiedo, in lacrime mio malgrado. “Ti rendi conto che mi hai spezzato il cuore? Non puoi fare finta che non sia successo niente e chiedermi di andare avanti – non ci riesco.”
“Non ti sto chiedendo questo. Vorrei solo che tu capissi che…”
“Hai una vaga idea di cosa significhi sentirsi traditi?!” lo interrompo gridando. “Hai provato a metterti nei miei panni e a chiederti cosa avresti provato se fossi stata io ad andare a letto con un altro uomo?” Mi svincolo bruscamente dalla sua presa e mi asciugo gli occhi col dorso della mano. “Tutte le mie certezze, tutto quello in cui credevo e che mi ero illusa fosse genuino, sincero – tutto si è frantumato. Non chiedermi di capire, perché proprio non ce la faccio.”
“Ascoltami bene, Evelyn. So di aver sbagliato, e stai certa che questo errore me lo ricorderò per tutta la vita.” Prende il suo fazzoletto di stoffa dal taschino della camicia e me lo porge per farmi asciugare gli occhi e il naso. “Spero che tu riuscirai a perdonarmi, un giorno.”
“Ricordi quando ci siamo messi insieme, all’università?” gli chiedo.
“Certo che me lo ricordo.”
“Ricordi quanto tempo c’è voluto prima che tu ti decidessi ad invitarmi a uscire, prima che ci baciassimo la prima volta?”
Sorride languidamente al ricordo e annuisce. “Ero parecchio timido e tu mi mettevi in terribile soggezione.”
“E allora mi dici come hai fatto a buttarti fra le braccia di un’altra donna con tanta facilità, quando che con me hai impiegato mesi solo a rivolgermi la parola?”
“È diverso questo” prova a giustificarsi.
“Non è diverso, è esattamente la stessa cosa.”
“Non è vero. Io ero innamorato di te – lo sono ancora. Avevo paura di deluderti, di fare brutta figura, e questo frenava ogni mia mossa. Lei non l’ho mai amata.”
Lo fisso in silenzio, senza avere il coraggio di dire niente. Se mi ama, allora perché mi ha tradito?
“Fra qualche mese non ricorderò più la sua faccia né il suo profumo” continua. “E quando saremo vecchi e avremo i nipotini sulle ginocchia questa donna non avrà più neanche un nome, ma sarà solo una vecchia cicatrice ormai rimarginata.”
“Potrà essere così per te, ma io non sono sicura di riuscire a dimenticare quello che è successo.”
Si alza frustrato e sono convinta che voglia andare via lasciando cadere la conversazione, ormai a corto di argomenti validi, e invece mi dice: “Non ho paura di andar via di casa e di dover ricominciare una nuova vita, Evy. Non temo il giudizio delle persone che ci conoscono e non ho paura neppure di dover invecchiare da solo, senza nessuno ad occuparsi di me. Non è questo che mi spaventa.
Ho paura di perderti, di averti già perso e di non poterti avere accanto a me come ho fatto in tutti questi anni. Ti ho tradito, è vero, ma non ho mai smesso di amarti – voglio che tu questo lo sappia.”
Si infila la giacca appoggiata alla sedia e recupera le chiavi di casa dallo svuotatasche sulla mensoletta. “Pensa a quello che ti ho detto, se provi ancora qualcosa per me.”

Prima di registrare l’azione mi alzo anche io e lo seguo nel corridoio. So già che se lo lasciassi andare via così, senza dirgli nulla, trascorrerei l’attesa del loro ritorno a piangere, e non ho intenzione di farlo.
“Joe.”
La sua mano resta stretta attorno alla maniglia della porta d’ingresso, ma si volta a guardarmi. “Cosa c’è?”
“Mi abbracci un momento?”
Il suo volto rattristato si distende in un debole sorriso. “Vieni qui.”
Ci sono molti motivi per sposarsi, e non sempre l’amore è in cima alla lista. Io mi sono sposata perché amavo Joe, perché volevo vederlo accanto a me nel mio futuro e volevo percorrere quello che restava della mia vita insieme a lui, nei momenti felici come in quelli tristi e dolorosi. Questo è ciò che penso ancora oggi, nonostante tutto: la vita che ci siamo costruiti insieme, la nostra famiglia, l’appartamento, i figli, sono una rassicurante presenza nel mio cuore che non potrà mai essere cancellata.
Fra le sue braccia mi sento ancora a casa, come all’inizio, e le sue labbra premute sulle mie hanno ancora il potere di farmi battere forte il cuore: Joe è ancora l’uomo di cui mi innamorai perdutamente, e poco importa se sia anche colui che ha trafitto il mio cuore con un pugnale avvelenato. Per un momento penso alla prima volta che mi baciò, nel cortile dell’università, e disse che lo aveva fatto esclusivamente per sentire se anche le mie labbra erano dolci come le parole che gli sussurravo all’orecchio ogni volta che eravamo soli io e lui, e mi viene da sorridere contro la sua bocca.


Fino a poco tempo fa, messi a letto i bambini, andavo a dormire da sola e finivo con l’addormentarmi prima che Joe si stendesse accanto a me: io ero sempre troppo stanca per aspettarlo, mentre lui preferiva rimanere alzato fino a tardi a leggere o a vedere qualche documentario in televisione. Ora invece trascorriamo molto tempo a letto insieme, prima di addormentarci, a chiacchierare io e lui soli. Non che prima non avessimo un buon dialogo, ma ci limitavamo a parlare delle banalità: la spesa, il lavoro, qualche notizia sentita alla TV…ora invece parliamo per davvero, di noi, e mi sono resa conto che era da troppo tempo che non lo facevamo.
Piano piano e a fatica sto riconquistando il piacere di stare accoccolata fra le sue braccia, di lasciarmi accarezzare, di farmi corteggiare, vincendo il mio istintivo rifiuto nei confronti dell’uomo che mi ha fatto tanto soffrire: se all’inizio provavo un senso di disagio, una sorta di inadeguatezza – ossessionata com’ero dal pensiero dell’altra donna che fino a poco tempo prima mi aveva sostituito al suo fianco – lentamente ho iniziato a lasciarmi andare ai sentimenti che provo e che mi spingono fra le sue braccia come se fosse l’unico posto adatto a me. La fiducia è la cosa più facile da distruggere e la più difficile da riconquistare: la strada è lunga e ostica, ma Joe non sembra intenzionato a darsi per vinto tanto facilmente, e questo mi fa ben sperare sul futuro del nostro rapporto.
È come se fossimo tornati fidanzati di nuovo, come se il suo tradimento avesse spazzato via le polvere e le ragnatele accumulate sul nostro matrimonio: non capita più così di rado che Joe mi compri dei fiori o i miei cioccolatini preferiti – che, rispetto a quando eravamo fidanzati, sono costretta a condividere con i nostri figli – o che ci porti tutti fuori, a fare una passeggiata o a mangiare al ristorante, e allo stesso modo io non mi lascio sfuggire preziose occasioni per lasciarlo piacevolmente sorpreso.
Le mie labbra cercano istintivamente la sua pelle calda prima ancora che apra gli occhi al mattino, e ogni volta che i nostri sguardi si incontrano c’è una scintilla che per troppo tempo non c’è stata. È un continuo cercarsi, desiderarsi, e da qualche settimana ormai riesco anche a dormire meglio: sono più tranquilla, più rilassata, sapendo che Joe è tornato per restare con me. Ovviamente non è solo una questione meramente materiale o fisica: sento chiaramente che qualcosa fra di noi è cambiato, che c’è più intesa, più affinità di quanto non abbiamo mai avuto il piacere di sperimentare prima.

Sono in piedi davanti allo specchio del bagno, completamente nuda, e non accenno a smuovermi dalla trance in cui sono caduta per l’epifania che mi ha improvvisamente colpita. Ero entrata per svolgere la mia routine serale prima di andare a letto e invece sono rimasta a fissare il mio corpo riflesso, che non è più quello che ricordavo: il ventre ormai flaccido per le gravidanze e per la totale assenza di dieta e di sport, le smagliature evidenti sul seno e sui fianchi, le cicatrici dei parti cesarei e di diversi interventi a cui mi sono sottoposta negli anni mi hanno reso un’ombra distorta della ragazza longilinea e graziosa che ero ai tempi dell’università.
Per una donna la bellezza è tutto, o almeno così dicono, e io ho completamente ignorato questo fatto: ostinata com’ero a porre la carriera e la famiglia prima di tutto, mi sono dimenticata cosa volesse dire essere seducente, lasciarsi guardare e ammirare dal proprio uomo perché si ha ancora qualcosa da offrire al suo sguardo. In tutti questi anni non ho mai badato al mio aspetto fisico, non ho mai curato la mia femminilità, che ora appare sciupata in modo irreversibile. Non c’è da stupirsi che Joe abbia cercato una donna fuori dal matrimonio, visto che io non somiglio neanche lontanamente ad un esemplare della categoria.

“Non vieni a letto?” chiede Joe facendo capolino nella stanza e interrompendo le mie riflessioni amare.
“Tra un attimo” rispondo. Non faccio in tempo ad asciugare la lacrima che mi riga la guancia.
“Ehi, che ti prende?” chiede allarmato. Si avvicina alle mie spalle e resta a fissarmi attraverso lo specchio davanti a noi. “C’è qualcosa che non va?”
Scuoto la testa rassegnata. “Era da un po’ che non mi guardavo più allo specchio. E lo spettacolo non è dei più gradevoli.”
Posso sentire il suo respiro caldo fra i miei capelli mentre le sue braccia mi attirano a sé e mi stringono in un languido abbraccio. “Mi sei sempre piaciuta molto, Evy” dice. “E, onestamente, mi piaci ancora.”
Prorompo in una risata carica di amarezza. “Sono davvero inguardabile, Joe.”
“Eppure io ti sto guardando.” Scosta i capelli da un lato per potermi baciare sulla spalla nuda.
Vorrei dirgli di non essere ridicolo e bugiardo, e invece l’unica cosa che riesco a fare e piangere, singhiozzando silenziosamente fra le sue braccia. Mi vergogno dell’aspetto che ho, del relitto che sono diventata ma, soprattutto, mi vergogno di piangere tanto penosamente davanti a lui. Le sue mani iniziano a vagare sul mio corpo, sui miei fianchi e sul mio seno, ignorando le smagliature e le cicatrici che incontrano lungo il percorso, e le sue labbra mi tormentano il collo e l’orecchio. Non prova a consolarmi, non mi dice che sono ancora bella, perché suonerebbe patetico alle sue stesse orecchie e sa bene che non gli crederei. I suoi baci si fanno via via più intensi, appassionati, famelici – preludio a me noto del fatto che voglia fare sesso.
Da quando mi ha confessato il suo tradimento non abbiamo più fatto l’amore – io troppo scossa per farmi avanti e lui decisamente troppo mortificato e carico di vergogna anche solo per pensare di provarci. Se ora crede che il sesso sia il modo per risolvere la questione e risollevare la mia autostima, allora non ha capito proprio niente del mio problema.
Con un gesto brusco lo allontano, interrompendo i suoi movimenti sul mio corpo. “Smettila. Non ho voglia di farlo adesso.”
Sono estremamente avvilita, e la sua mancanza di delicatezza in questo momento rende tutto ancora più frustrante: non l’ho mai rifiutato – non importava quanto fossi stanca o se volessi farlo o meno – ma ora non ce la faccio proprio a prestarmi ai suoi bisogni animaleschi. Il sesso è stato un linguaggio che non ho mai avuto voglia di parlare, né di capire: una lingua sconosciuta, almeno per me. Joe è stato il mio primo uomo, e anche io sono stata la sua prima compagna: la nostra inesperienza, mescolata al fatto che nessuno dei due ha mai davvero avuto interesse a imparare a fare l’amore, ha prodotto l’assoluta mancanza di comunicazione che vige fra di noi oggi.
All’inizio erano più che altro gli ormoni e l’intemperanza giovanile a spingerci l’uno fra le braccia dell’altra, la voglia di sperimentare la novità, poi col tempo il fuoco si è andato spegnendo è il sesso è diventato una triste abitudine.
Del resto, non ho mai avvertito per lui quell’ardore irresistibile e travolgente che si legge nei romanzi o si vede nei film: mai la mia mente è stata completamente annebbiata dalla lussuria, e c’è da dire che nemmeno lui si sia mostrato così attratto da me e dal mio corpo. Qualche amica pettegola con la quale mi sono confidata negli anni ha insinuato il dubbio che fossi frigida, che avessi un problema fisico, mentre qualcun’altra ha messo in dubbio l’abilità di mio marito a letto.
Io ho smesso con gli anni di chiedermi il perché di questa mia condizione e mi sono rassegnata all’idea di non poter provare passione e, conseguentemente, piacere: all’inizio credevo che fosse colpa della mia inesperienza, che prima o poi avrei imparato a conoscere il mio corpo e a provare quella magica ebrezza che tutti quanti cercano fra le lenzuola, poi col tempo mi sono convinta che quel momento di sublime estasi non fosse destinato a una come me e quindi ho smesso di aspettarlo.
“Scusami” mormora Joe, senza provare neanche stavolta un approccio diverso. Indietreggia verso la porta e si passa una mano fra i capelli. “Ti aspetto di là.”

Quando finalmente entro nella nostra stanza, Joe è intento a fissare il soffitto.
“Sei arrabbiato?” gli chiedo. Anche se so che è colpa sua, che è lui che non ha dimostrato tatto e sensibilità, mi sento in colpa per avergli detto di no.
Scuote la testa tendendo un braccio verso di me. “Vieni qui.”
Mi stendo accanto a lui, accettando il suo invito, ma non riesco a guardarlo negli occhi.
“Non voglio forzarti, Evy” mi dice. “Non dobbiamo farlo per forza se non vuoi.”
“Non mi sento ancora pronta. Ho bisogno di un altro po’ di tempo.”
“D’accordo.” Mi stringe dolcemente fra le sue braccia e mi bacia, in maniera assai meno voluttuosa e aggressiva rispetto a qualche momento fa. “Saprò aspettare.”

“Sai che non ho mai avuto un orgasmo con te?” confesso senza pensarci troppo, riempiendo il silenzio della stanza con una confessione che ha la forza di uno scroscio di tuoni. Se voglio essere sincera fino in fondo, come ci siamo imposti di fare, è questo il momento di tirare in ballo una questione di cui non abbiamo mai parlato e che non è mai stata risolta. “Ci sono riuscita da sola, quelle poche volte che ci ho provato, ma con te non è mai successo.”
È incredulo, scioccato. Tutte le certezze che aveva sulla sua virilità si stanno sciogliendo come neve al sole. “Perché non me lo hai mai detto?”
“Non lo so. Non credevo che fosse una cosa importante.”
“Non credevi che…ma che vuol dire?!” Si passa una mano sulla faccia, cercando un senso a quello che gli sto dicendo – evidentemente invano. “Credevo che fossi felice, che andasse bene per te…”
“Non sto dicendo che non mi piace fare l’amore con te” spiego. “Dico solo che non riesco a trarne quel tipo di piacere, non ci sono mai riuscita.”
“Avresti dovuto dirmelo” mi dice. È frustrato, più che altro. “Avremmo potuto fare qualcosa.”
“Avresti potuto chiedermelo.”
“Saresti stata sincera o mi avresti mentito, come tutte quelle mogli insoddisfatte che non si sentono capite dai loro uomini?”
“Ti avrei detto la verità. L’ho sempre fatto, lo sai.” È per questo motivo che stiamo avendo questa conversazione ora. “Non ho mai finto emozioni che non provavo fra le tue braccia…non ho mai recitato, se è questo che vuoi sapere.”
Per lunghi momenti restiamo in silenzio, ognuno immerso nelle proprie riflessioni.
“Credi che io sia egoista?” dice ad un tratto. “Secondo te io sono uno che non si interessa a te, ai tuoi problemi, che non ti capisce e che non si preoccupa se tu sei in difficoltà?”
Scuoto la testa.
“Bene, perché non lo sono.” La sua voce si è improvvisamente inacidita. “O, almeno, non credo di esserlo.”
“Non sei un egoista, Joe” gli assicuro. “Tu hai sempre fatto tanto per me, per i nostri figli, per mandare avanti la casa – e lo fai ancora.”
“Però non ti capisco, non è così?”
Sospiro, cercando di non perdere la pazienza e iniziare a litigare con lui – è l’ultima delle mie intenzioni ora. “Questo non centra niente con l’egoismo. È piuttosto…un problema di comunicazione.” Annuisco convinta, per avvalorare quello che sto dicendo. “Ti rendi conto che prima di adesso non abbiamo mai davvero parlato di noi, di quello che proviamo l’uno per l’altra?! Certe cose non accadono per magia secondo me, sono il frutto di un’intesa che si conquista a fatica…anche il sesso – soprattutto il sesso. Voi maschi avete la convinzione di riuscire a gestire le faccende a letto e non vi ponete neanche il minimo dubbio che possa esserci qualcosa che non va.”
“Stai dicendo che è colpa mia?” sbotta frustrato. “Che non mi sono mai accorto che tu non eri appagata?”
“Nostra” lo correggo. “La colpa è di tutti e due. Anche io non ti ho mai detto che c’era qualcosa che non funzionava…ho dato per scontato che tu te ne saresti accorto, prima o poi, o che qualcosa sarebbe cambiato – e invece non è accaduto. È come una pianta che per troppo tempo abbiamo dimenticato di innaffiare…stava lì, sulla mensola, noi pensavamo che stesse bene senza nulla, e non ci siamo accorti che invece stava avvizzendo.”
“È morta questa pianta?”
“Non lo so ancora” ammetto. “Forse può ancora riprendersi, se iniziamo a curarla un po’.”
“Bene.” Mi attira dolcemente a sé e mi lascia un bacio sulla tempia. “Io direi che vale la pena provarci.”
Resto stretta fra le sue braccia, ascoltando il suo respiro e lasciandomi cullare dalle sue carezze, finché non mi addormento.


Apro la porta del bagno e me lo trovo davanti con indosso solo i boxer, intento a rifinirsi la barba appena fatta. Joe non è mai stata una persona in imbarazzo col proprio corpo. Prima che nascessero i bambini, per esempio, girava per la casa anche completamente nudo, senza mostrare alcun tipo di vergogna – al contrario di me che sono sempre stata fin troppo pudica e che continuo ad esserlo.
I suoi capelli, di solito tagliati un po’ troppo corti per i miei gusti, ora sono più lunghi dell’ordinario perché questa settimana non ha avuto il tempo di andare dal barbiere: ricadono in ciocche disordinate sulla fronte e luccicano, ancora imperlati dell’acqua della doccia, arricciati leggermente alla fine, il che alleggerisce il suo aspetto di una decina d’anni. Nonostante tutto – mi trovo a pensare – resta ancora un bell’uomo, l’uomo di cui mi sono innamorata.

Per un momento ci fissiamo senza dire nulla, lui ancora con il rasoio tenuta a mezz’aria e la fontana aperta.
“Ho quasi finito” dice a un tratto. “Se ti serve il bagno…”
“Non mi serve.” Gli sorrido, ma non accenno ad uscire.
Dopo aver passato ancora qualche istante a fissarmi, perplesso, si rimette a lavoro con la lametta e conclude la sua attività mattutina, cercando di muoversi nel modo più naturale possibile. Sa che non smetto di fissarlo neanche un attimo e mi rendo conto che questa cosa lo imbarazza un po’, anche se non dice nulla.
Quando torna a guardarmi, mentre si asciuga il volto appena rasato, mi chiede: “C’è qualcosa che vuoi dirmi?”
“No.”
“E allora cosa c’è?”
“Niente. Avevo voglia di stare con te.”
Posa l’asciugamano sul bordo del lavandino continuando a guardarmi negli occhi, cercando di decifrare i miei pensieri in questo momento. “D’accordo.”
Al diavolo il lavoro e l’ufficio, in questo momento non ho voglia di fare altro che stare fra le sue braccia. Lentamente faccio qualche passo verso di lui e mi spoglio della tuta che indosso, gettando tutti i vestiti alla rinfusa sul pavimento.
Per un attimo rimane interdetto, incapace perfino di muoversi, sorpreso dalla mia inedita audacia, poi però prende coraggio e si avvicina al mio volto, baciandomi dolcemente. Sento la sua eccitazione e mi rendo conto che sta frenando i suoi istinti, in attesa di capire quali siano le mie intenzioni: desidera fare l’amore con me, questo è evidente, ma alle mie condizioni. Dopo la nostra conversazione sull’argomento di qualche tempo fa non mi ha più cercato, non si è azzardato a riprendere in mano una faccenda che lo ha sempre visto perdente, per mia ammissione.
“Vuoi farlo adesso?” sussurra a mezza voce.
Lo stringo forte a me e mi lascio avvolgere dall’odore pungente del dopobarba misto a qualcosa di inconfondibilmente suo. “Voglio provarci. Voglio provare a cambiare le cose…ti va questa idea?”
“Quello che vuoi tu, piccola.” Erano secoli che non mi chiamava più piccola, forse da quando stavamo ancora tutti e due all’università. Per un momento ripenso a quel periodo della nostra vita, quando eravamo giovani ed innamorati, e mi viene da sorridere: il tempo non fa sconti, è vero, ma noi siamo sempre gli stessi, e possiamo tornare ad essere teneri amanti come lo eravamo una volta.
Mi prende per mano e mi porta nella stanza da letto, dove è sempre stato confinato il nostro rituale d’amore, relegato alla penombra della notte. Ora invece è giorno, c’è piena luce, non vi sono ombre ad occultare i nostri corpi non più giovani e tonici, i nostri movimenti goffi ed impacciati, ma non importa: se dobbiamo ricominciare daccapo a riscoprire la nostra fisicità e i nostri sentimenti è meglio farlo baciati dal sole.
“Ti fidi di me?” mi chiede.
“Sempre.”
“E allora dimmi quello che vuoi, Evy” dice in tono solenne. “Ti amo con tutto me stesso, e voglio riuscire a dimostrartelo – visto che non ci sono mai riuscito.”
Sorridendo gli prendo le mani e le guido sul mio corpo nudo, sul mio seno, sui miei fianchi, sul mio sesso. “Toccami” lo imploro. Non ci siamo mai capiti a letto, ognuno sui propri binari e con un proprio linguaggio, ognuno incapace di interpretare i bisogni dell’altro, ma voglio che questa cosa cambi: sono convinta che se ci mettiamo di impegno, tutti e due insieme, possiamo riuscire a fare l’amore davvero.
È così bello perdere il controllo di me stessa, finalmente, lasciarmi divorare dai suoi baci e affondare le dita fra i suoi capelli umidi, mentre le sue mani vagano lungo tutto il mio corpo, riprendendosi un territorio di fatto loro, alla ricerca di quei tasti che non sono mai riuscite davvero a toccare. Tutto è dolce e delicato, stranamente nuovo – come se ci stessimo amando per la prima volta: uno scambio fra eguali, non una lotta ad armi impari in cui non ho mai saputo farmi valere.
“Joe”. Solo il suo nome, sospeso sulle mie labbra come una supplica, una preghiera che suona estranea perfino a me che l’ho pronunciata. Non credo di averlo desiderato tanto come ora: ho bisogno di sentirlo dentro di me, di amarlo nel modo più intimo e fisico che possa esistere, di donarmi a lui completamente.
Si stende sul letto e alza le mani come in segno di resa. Sta lasciando a me l’iniziativa, la possibilità di guidare il nostro amore: percepisco la sua chiara intenzione di rendermi felice, di appagare i miei desideri e i di soddisfare i miei appetiti, con una determinazione inedita, che non gli ho mai letto nello sguardo, mentre ci muoviamo in perfetta sintonia come mai era capitato prima.
Finalmente l’orgasmo esplode dentro di me, bloccandomi per un istante il respiro in gola, ma non è devastante e impetuoso come mi aspettavo: è piuttosto avvolgente come un’onda, rassicurante – non per questo meno intenso. Solo quando è certo che il mio corpo abbia vibrato di piacere si lascia andare, e sentire il suo godimento è una sensazione intensa quasi quanto quella che ho provato io. Stesa su di lui, con la testa poggiata sul suo cuore che batte ancora forte, mi crogiolo nella meravigliosa sensazione di sentirlo pulsare dentro di me, mentre le sue braccia mi tengono serrata in un saldo abbraccio.
Non è mai stato così travolgente fare l’amore con lui, mi è sempre sembrata una faccenda in cui io c’ero solo fisicamente ma non ero coinvolta a livello emotivo. Perché non mi era mai successo prima? Mi chiedo con rammarico. Perché non ero mai riuscita a lasciarmi andare fino a questo punto, pur amando profondamente mio marito? Senza neanche accorgermene inizio a piangere silenziosamente, ancora stretta fra le sue braccia. Alla fine siamo riusciti a ritrovarci, ci siamo rialzati più forti e uniti di quanto non siamo mai stati in tutti questi anni insieme, e questa consapevolezza mi stringe il cuore come in una morsa.
“Ehi, stai bene?” mormora fra i miei capelli.
Mi limito ad annuire, sbuffando. Mi svincolo dal suo abbraccio e mi appoggio sui gomiti per guardarlo negli occhi. “Sono contenta” spiego. “Sono contenta che sia successo.”
“Che cosa?”
“Questa crisi fra di noi…paradossalmente era ciò di cui avevamo bisogno. Ci stavamo irrimediabilmente allontanando, senza neanche rendercene conto. Questa frattura mi ha fatto capire tante cose, su me stessa ma anche su noi due.”
“Ad esempio?”
“Il fatto che avevamo dimenticato cosa volesse dire essere innamorati. Da quando ci siamo sposati, altre cose hanno avuto la priorità: la casa, il lavoro, i nostri figli…non dico che non siano cose importanti, ma hanno finito per assorbirci completamente, rendendoci quasi degli estranei. Da quanto tempo era che non restavamo a letto fino a tardi, come ora, anche solo per rimanere abbracciati? Siamo sempre di corsa, fra l’ufficio, la spesa, le faccende da sbrigare…e i momenti per noi si assottigliano sempre di più.”
Per un momento tace, meditabondo, poi dice: “Credo che questo possa cambiare, se lo vogliamo tutti e due. Potremmo ritagliarci del tempo solo per noi, per stare insieme, per parlare davvero. Pensi che sia possibile rimediare?”
Annuisco, sorridendo fra le lacrime – improvvisamente la lingua mi si è annodata e mi è impossibile dire qualsiasi cosa.
La nostra relazione è irrimediabilmente cambiata rispetto a prima, e mai avrei immaginato che potesse diventare migliore: credevo fosse perfetta com’era perché non avevo voluto vederne le pecche e gli innumerevoli difetti, e solo ora mi rendo conto di quanto questa brutta esperienza ci abbia insegnato ad amarci – non di più, ma certamente meglio di come abbiamo sempre fatto.
Allunga una mano per asciugare le lacrime liberatorie che mi rigano il volto. “Restiamo una squadra, allora?”
“Migliore di prima. Non voglio perderti, Joe.”
“Neanche io voglio perderti, Evy.” Ci baciamo a lungo, vogliosi e intraprendenti come due ragazzini alla loro prima cotta.
“Dimmi che mi ami” sussurro sulle sue labbra.
“Ti amo.” Annuisce convinto, a voler confermare le parole appena dette. “Ti amo, Evelyn…ti amo, più di ogni altra cosa al mondo. Tu mi ami ancora?” La sua voce si è fatta improvvisamente debole e tremante, come se volesse piangere anche lui.
“Non sarei qui se non ti amassi con tutta me stessa.”
Restiamo abbracciati stretti, ad ascoltare i nostri cuori che finalmente battono all’unisono. Se Joe non mi avesse tradito con un’altra donna, saremmo mai riusciti a raggiungere questo livello di intimità? Se non mi avesse fatto tanto male, avrei davvero capito la fortuna di averlo al mio fianco e l’intensità dell’amore che ci lega? Forse dovrei smetterla di tormentarmi con questi interrogativi che non mi portano da nessuna parte. Come dice sempre mia madre, se una cosa è successa evidentemente era destino che dovesse accadere.
“Questo è solo l’inizio, Evy” mi dice, interrompendo il flusso dei miei pensieri. “Non credere che siamo arrivati…il nostro viaggio deve ancora incominciare.”
“Resterai al mio fianco, qualunque cosa accada?” chiedo con una punta di terrore nella voce. Ho quasi paura di ammetterlo perfino a me stessa, ma temo che Joe possa andarsene di nuovo, che possa uscire dal circolo delle mie braccia e lasciarsi sedurre da un’altra donna.
“Certamente, non devi dubitarne.” Mi prende il volto fra le mani e mi bacia più volte, sulla fronte, sulle labbra, sulle guance umide di pianto. “Se sono tornato da te è perché voglio restarti vicino il più a lungo possibile.”


Questo racconto ha partecipato alla XIX edizione del Concorso Letterario Nazionale “Il racconto nel cassetto”.

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